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numero 84 - febbraio 2021

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #84

Rassegna stampa #84

Come sono cambiati i comportamenti sessuali durante il lockdown

La pandemia che stiamo vivendo ha obbligato i governi di numerosi Paesi a introdurre misure di distanziamento sociale al fine di ridurre la diffusione del COVID-19. Ciò ha determinato un maggior rischio di isolamento sociale delle persone, con conseguenze negative quali ansia, depressione. Queste, inoltre, sono in relazione con alcuni comportamenti sessuali, come il calo del desiderio. In Germania, nei mesi di marzo e aprile 2020, durante il lockdown, c’è stato un forte aumento dei rapporti sessuali nelle coppie conviventi, tanto che si sta assistendo ad un baby boom. Allo stesso modo, i dati di siti pornografici hanno registrato un forte incremento di traffico durante lo stesso periodo. Nonostante ciò, gli studi condotti sul comportamento sessuale hanno evidenziati risultati tra loro contrastanti. Per questo motivo, dei ricercatori tedeschi hanno condotto uno studio su oltre 2.000 adulti per indagare la presenza di eventuali cambiamenti nel comportamento sessuale in questo periodo. I risultati hanno evidenziato una forte riduzione di rapporti sessuali nelle persone che non avevano una relazione stabile, mentre minori effetti sono stati osservati in coppie conviventi, seppur sia emersa una diminuzione. In aggiunta a ciò, anche altri comportamenti legati a questa sfera non sono cambiati: ad esempio, l’utilizzo di contracettivi è rimasto sostanzialmente invariato, tanto che solo l’un percento delle persone ha dichiarato di averne interrotto l’utilizzo durante il lockdown. Per concludere, questo studio ha evidenziato come la frequenza di rapporti sessuali sia notevolmente diminuita a causa del lockdown e del distanziamento sociale: nonostante ciò, il fatto che si sia osservata una diminuzione anche in coppie conviventi, seppure in misura minore, evidenzia come la causa non sia da ricercare esclusivamente nel distanziamento sociale, quanto in variabili prettamente psicologiche, come l’ansia e la percezione di incertezza verso il futuro, che possono diminuire il desiderio sessuale nelle persone.

Hille, Z., Oezdemir, U. C., Beier, K. M., & Hatzler, L. (in stampa). The disruptive impact of the COVID-19 pandemic on sexual behavior of a German-speaking population, Sexologies. 

 

Le relazioni dei contesti scolastico e familiare con l’intelligenza

Ad oggi, nonostante l’enorme mole di studi presenti nella letteratura scientifica, non c’è un accordo univoco sulla struttura dell’intelligenza e su come misurarla, anche se c’è un accordo totale sul fatto che sia un importante predittore delle capacità di apprendimento e della performance scolastica. Questa relazione, però, non è stabile nel tempo ma decresce all’aumentare degli anni di studio, indicando la presenza di altri fattori intervenienti, detti socio-familiari. In questo contesto, è emerso come il titolo di studio dei genitori, e in particolare della madre, sia un predittore della performance scolastica. Per meglio comprendere l’impatto delle variabili concernenti il contesto scolastico e familiare sulla performance e sull’intelligenza un team di ricercatori ha condotto uno studio su oltre 400 studenti portoghesi di età compresa tra 4 e 10 anni. I risultati attestano come il titolo di studio dei genitori e lo status socio-economico confluiscano su un fattore chiamato “famiglia”, mentre il fattore latente “scuola” è dato dal contesto scolastico frequentato, pubblico o provato e in città o in campagna. Innanzitutto, i due fattori latenti mostravano elevate correlazioni tra loro; al tempo stesso, è emerso come il fattore familiare sia un predittore statisticamente significativo della performance scolastica e del QI solo in bambini in età scolare, mentre il fattore scolastico non è risultato un predittore statisticamente significativo del QI in nessuna fascia di età, mentre prediceva la performance nei bambini in età scolare. Inoltre, la performance scolastica era predetta dal QI in tutte le fasce di età. In sintesi, questo studio mette in evidenza come l’ambiente scolastico frequentato non influenzi l’intelligenza dei bambini che, diversamente, viene predetta dallo status socio-economico della sua famiglia; sulla base di questi risultati, quindi, il frequentare scuole private non sembrerebbe influenzare il livello di intelligenza delle persone, ma solo la relativa performance scolastica.

Alves, A. F., Assis Gomes C. M., Marins, A., & da Silva Almeida, L. (2017). Cognitive performance and academic achievement: how do family and school converge? European Journal of Education and Psychology, 10, 49-56.

 

I maltrattamenti nei bambini durante il lockdown

La pandemia da COVID-19 ha causato moltissime conseguenze in tutto il mondo: tra queste c’è stato un lockdown generalizzato. Questa misura ha interessato anche i bambini: infatti, per un lungo lasso di tempo, anche negli USA, i bambini non sono più andati a scuola ma la didattica in presenza è stata sostituita dalla didattica a distanza. In questa fase si è registrato un forte aumento del numero di casi di maltrattamento verso i bambini: gli studi condotto hanno identificato le possibili cause nello stress, nel dover stare forzatamente a casa e nell’incertezza verso il futuro. Nonostante l’importanza di questa tematica, ad oggi solo pochi studi si sono concentrati su questo tema. Tre ricercatori americani hanno analizzato un database della Florida, dove il primo caso di COVID-19 risale al marzo 2020, da giugno 2020 a gennaio 2021. I risultati hanno evidenziato come il cambiamento nel numero di maltrattamenti subiti da bambini sia molto diverso in base alla loro etnia: mentre nell’aprile 2020 era maggiore rispetto all’anno prima nelle persone caucasiche, mentre negli afro-americani e nei nativi americani i maltrattamenti erano diminuiti. Anche la tipologia di maltrattamento differiva molto: nel primo gruppo si è osservato un aumento statisticamente significativo solo per quanto riguarda l’abbandono emotivo. Nel gruppo di afro-americani, invece, sono aumentati in maniera statisticamente significativa solo i maltrattamenti causati da abuso di alcol, mentre sono diminuiti quelli relativi all’abbandono emotivo e alla supervisione inadeguata; nel gruppo di nativi americani, invece, non è stata osservata alcuna differenza statisticamente significativa. Infine, sono state osservate delle differenze statisticamente significative anche in base all’età del bambino: è emerso come l’aumento dei maltrattamenti sia stato maggiore nei bambini di età prescolare, rispetto ai bambini di età scolare, suggerendo l’ipotesi che la sospensione della didattica in presenza non abbia prodotto questo tipo di conseguenza. In sintesi, il COVID-19 ha forzato le persone a convivere con potenziali conseguenze drammatiche per i bambini vittime di abuso: il numero di maltrattamenti è aumentato, come testimonia questo studio, obbligando la comunità a tener conto di questo fattore, cercando di predisporre tutti gli interventi, anche psicologici, atti a ridurne al minimo le conseguenze.

Musser, E. D., Riopelle, C., & Latham, R. (in stampa). Child maltreatment in the COVID-19: changes in the Florida foster care system surrounding the COVID-19 safer-at-home order. Child Abuse & Neglect.

 

Quante volte misurare la memoria di lavoro?

I test neuropsicologici possono servire anche a valutare le metodologie di insegnamento e i risultati di specifici programmi di intervento; nonostante ciò, in letteratura si hanno per lo più studi che indagano la performance scolastica in uno specifico momento temporale. Recenti studi, però, hanno evidenziato come per indagare la memoria di lavoro non sia sufficiente una sola misurazione, ma questa debba essere ripetuta più volte a distanza di giorni. Per meglio chiarire i vantaggi derivanti da questa tipologia di approccio, tre ricercatori svedesi hanno condotto uno studio su circa 200 studenti misurando la loro memoria di lavoro più volte a distanza di tre giorni, dopo 8 settimane e dopo un intervento per il miglioramento della memoria di lavoro. Inoltre, hanno seguito tali studenti a partire dai 6 anni fino ai 9 anni per valutare la loro performance scolastica nel tempo e indagarne la relazione con la memoria di lavoro misurata tre anni prima. I risultati hanno mostrato una relazione statisticamente significativa tra la memoria di lavoro misurata a 6 anni e la performance in matematica, valutata con un apposito questionario a 9 anni. Inoltre, la memoria di lavoro era negativamente correlata al livello di disattenzione misurato 3 anni dopo. Di notevole interesse il fatto che i risultati al training specifico relativo alla memoria di lavoro non fossero dei predittori statisticamente significativi del livello di disattenzione, mentre predicessero le competenze matematiche misurate 3 anni dopo tale intervento. Rispetto alla modalità di misurazione della memoria di lavoro, è emerso come la media delle misure ripetute lungo i tre giorni fosse maggiormente predittiva sia della disattenzione che della performance matematica rispetto alla singola misurazione. Per concludere, questo studio ha innanzitutto evidenziato come la misurazione singola della memoria di lavoro non sia un indicatore stabile: infatti, hanno trovato forti fluttuazioni nelle misure ripetute a breve distanza; per questo motivo, quindi, suggeriscono di misurare più volte la memoria di lavoro in tutte quelle situazioni per le quali è importante avere una stima particolarmente precisa di questo costrutto. Inoltre, l’importanza della memoria di lavoro è confermata dalla sua capacità predittiva confermata a distanza di 6 anni.

Judd, N., Klingbertg, T., & Sjöwall, D. (2021). Working memory capacity, variability, and response to intervention at age 6 and its association to inattention and mathematics age 9. Cognitive development, 58, 101013.