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numero 61 - ottobre 2018

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #61

Rassegna stampa #61

La promozione della salute mentale tra i giovani

Una delle principali problematiche con cui i giovani si interfacciano è la salute mentale, si stima infatti che il 20% dei giovani, ogni anno, sperimenta problemi di salute mentale e che il 70% di questi si presentano durante gli anni dell'adolescenza con un'alta probabilità di cronicità. Ciò rappresenta una vera e propria sfida per coloro che si occupano di promozione, prevenzione e trattamento della salute mentale. Negli ultimi anni si è delineato un approccio sempre più focalizzato sulla promozione della salute per lo sviluppo dei giovani riconoscendo l'importanza di potenziare le abilità personali, come evidenziato anche nel modello del Positive Youth Development (PYD), ed è diventato prioritario fornire ai giovani le risorse necessarie per raggiungere risultati ottimali al fine di indirizzare positivamente la salute mentale. Nonostante la sua importanza in una prospettiva evolutiva, è stato a lungo evidenziato un gap tra la ricerca sulla salute e la programmazione di questa rivolta ai giovani. A tal proposito, un gruppo di ricercatori canadesi, domandandosi quale potrebbe essere l'impatto di un intervento di salute mentale giovanile basato sulla comunità e incentrato positivamente sulla promozione, ha presentato i risultati ottenuti dallo studio SONAR (Social Networking Action for Resilience), condotto in una città rurale del Canada, che ha visto i giovani coinvolti in iniziative per sensibilizzare la comunità. Per esplorare l'impatto di intervento del SONAR ed esplorare le domande di ricerca è stato utilizzato un progetto di intervento pre e post comunitario (per la durata di circa 8 mesi) che ha visto partecipi 175 studenti, in cui la salute mentale è stata concettualizzata sia in termini di salute psicologica positiva (resilienza e connessione) che di disagio emotivo. I risultati hanno mostrato un'associazione tra l'esposizione all'intervento e indicatori positivi di salute mentale anche se nessuna diminuzione significativa del disagio emotivo, forse dovuta al breve periodo di tempo dell'intervento. Dai risultati è emerso che il progetto ha promosso capacità nel singolo, come la leadership o l'autostima, e cambiamenti nella comunità per promuovere la salute e lo sviluppo a lungo termine. Lo studio sottolinea l'importanza dei risultati che possono essere raggiunti attraverso gli interventi guidati dai giovani come partecipanti attivi, che aiutano e a promuovere più efficacemente la salute mentale dei giovani.

Jenkins, E. K., Bungay, V., Patterson, A., Saewyc, E. M., & Johnson, J. L. (2018). Assessing the impacts and outcomes of youth driven mental health promotion: A mixed-methods assessment of the Social Networking Action for Resilience study. Journal of adolescence, 67, 1-11.

 

Saggezza e creatività nei bambini prescolari

Comunemente la saggezza è associata allo stadio di sviluppo post-formale ed è considerata il risultato della conoscenza e delle esperienze di vita. Tuttavia, alla luce degli studi empirici condotti da psicologi contemporanei e delle concezioni sullo sviluppo, la saggezza può svilupparsi fin dall'infanzia ed è una caratteristica complessa che può essere interpretata in differenti modi. La teoria più vicina all'assunzione dello sviluppo globale del bambino è il modello WISC (W = saggezza; I = intelligenza; S = Sintesi; C = Creatività) proposto da Sternberg, qui infatti la saggezza è un elemento dell'intelligenza pratica che controlla le operazioni integrate dell'intelligenza analitica, pratica e creativa. Durante la risoluzione di diversi problemi, la saggezza garantisce una corretta attuazione dell'intelligenza e della creatività, la quale, nello specifico, permette di andare oltre le soluzioni esistenti includendo caratteristiche e capacità che condizionano le azioni sagge e il pensiero. Infatti, secondo alcune ricerche e analisi condotte da Sternberg, la capacità di essere creativi risulta essere un importante predittore della saggezza. A tal proposito, sono stati condotti diversi studi, in diverse città della Polonia, con lo scopo di identificare e descrivere i sintomi della saggezza nei bambini in età prescolare. Questi hanno svolto dei compiti verbali dove si richiedeva loro di interpretare e consigliare i personaggi in diverse situazioni sociali usando come strumento diagnostico dialoghi e interviste che permettessero di osservare e analizzare il ragionamento effettuato. Dai risultati degli studi è emerso che i bambini, in totale 369, sono stati in grado di dare consigli per migliorare e cambiare il comportamento dei personaggi presentati e allo stesso tempo riferirsi a norme e valori universali, proponendo cambiamenti nel comportamento dei personaggi, valutando l'utilità delle loro idee e entrando nell'auto-riflessione. I partecipanti hanno dimostrato di riconoscere comportamenti giusti o sbagliati, le relazioni sociali, le connessioni tra le caratteristiche di diversi oggetti, le istruzioni su come eseguire compiti inusuali. Lo studio ha evidenziato come i compiti, nonostante non risultassero troppo difficili per i bambini, abbiano diversificato le loro attitudini in relazione al modello teorico di saggezza sviluppato. L’abilità di generare soluzioni diverse e l’apertura all’equivocità formano così una base per il pensiero creativo e per il processo decisionale saggio, e allo stesso tempo rappresentano elementi di pensieri e azioni sagge. Si  può, perciò, presumere che l'attività creativa dei bambini possa essere un mezzo per identificare la loro saggezza evidenziando il potenziale dei bambini di pensare e comportasi saggiamente alla luce della concezione idealizzata da Sternberg.

Płóciennik, E. (2018). Children’s creativity as a manifestation and predictor of their wisdom. Thinking Skills and Creativity, 28, 14-20.

 

Troppo ansiosi per aiutare i colleghi? La ruminazione affettiva tra ansia legata al lavoro e comportamenti di aiuto

Negli ultimi anni si è posta maggiore attenzione al costrutto di ansia lavorativa, definita come uno stato di nervosismo ed apprensione legato al raggiungimento di obiettivi lavorativi, che può avere importanti ripercussioni sul lavoro. Molti studi hanno riscontrato che l’ansia lavorativa può influenzare negativamente la performance sul lavoro, sia in quanto esaurimento emotivo sia come interferenza cognitiva sul lavoro. Ciò che invece non è stato indagato è un altro importante meccanismo correlato all’ansia: la ruminazione mentale. Inoltre, in passato gli studi sull’ansia si sono focalizzati sul legame predittivo tra comportamenti prestazionali ed aspettative formali legate al lavoro, a scapito di comportamenti extra-ruolo che vanno al di fuori delle formali richieste lavorative.
Per tale motivo, è stato recentemente condotto uno studio che indaga il legame tra ruminazione mentale, ansia legata al lavoro e comportamenti di aiuto extra-ruolo, ritenuti importanti a livello organizzativo perché influenzano la performance lavorativa e migliorano in generale l’ambiente lavorativo. In particolare, ci si è soffermati sulla ruminazione affettiva, caratterizzata dalla presenza di pensieri ricorrenti legati al lavoro e da uno stato di attivazione continua durante il tempo libero. In particolare, se l’ansia da lavoro si traduce in ruminazione affettiva si denota una prolungata reazione negativa ai fattori lavorativi che si manifesta nel tempo libero e va a generare una tensione che può diffondersi ad altri aspetti di vita. Sulla base del modello Effort-Recovery e della prospettiva dell’esaurimento delle risorse, si è indagato se la ruminazione affettiva potesse rappresentare l’elemento chiave che collega l’ansia lavorativa ai comportamenti di aiuto extra-ruolo.
I risultati di questo studio svolto su un campione di 167 lavoratori dipendenti a tempo pieno e sui relativi colleghi, a cui è stato chiesto di indicare la frequenza con cui sono stati aiutati, supportano questo modello di interazione indiretta: i lavoratori con maggiore ansia legata al lavoro sperimentano livelli più alti di ruminazione affettiva, di conseguenza si riducono i comportamenti di aiuto nei confronti dei colleghi. Tali risultati estendono la ricerca sul legame tra ansia legata al lavoro e performance lavorativa andandosi a concentrare sui comportamenti di aiuto invece che sui compiti legati al ruolo. Inoltre, apportano valore alla ricerca sull’esaurimento delle risorse invitando a considerare anche le esperienze extra-lavorative negli studi sulla relazione tra ansia lavorativa e performance.

Calderwood, C., Bennett, A. A., Gabriel, A. S., Trougakos, J. P., & Dahling, J. J. (2018). Too anxious to help? Off‐job affective rumination as a linking mechanism between work anxiety and helping. Journal of Occupational and Organizational Psychology, 91(3), 681-687.

 

Depressione Maggiore e Fobia Sociale: uno studio sugli effetti della comorbilità sul benessere

Il Disturbo Depressivo Maggiore (MDD) e la Fobia Sociale (SP) rappresentano i disturbi mentali più frequenti e ogni anno affliggono milioni di persone. Entrambi comportano elevati livelli di compromissione lavorativa e rendono disfunzionali le relazioni tra gli individui che ne soffrono. In realtà, la comorbilità tra disturbi dell’umore e disturbi d’ansia è molto comune ed alcune ricerche mostrano che in questi casi le difficoltà economiche ed individuali aumentano. Inoltre, la comorbilità è associata a maggiore gravità e durata dei sintomi ed a un più elevato rischio di resistenza al trattamento. Tuttavia, alcuni trattamenti tendono a ridurre i sintomi, presumendo che con ciò che migliori lo stato di benessere della persona. In tal senso è interessante notare come in realtà l’assenza di sintomi o disturbi mentali sia solo in parte connessa al benessere. Per tale motivo molti considerano malattia e salute mentale come appartenenti ad un continuum e, di conseguenza, indicano il benessere come uno stato che comprende sia salute emotiva, che psicologica e sociale. Infine, in passato, molte ricerche si sono soffermate sulla qualità di vita degli individui con comorbilità e senza comorbilità di MDD e SP, ma nessuno ne ha indagato la differenza in termini di benessere.
Per tale motivo è stato condotto uno studio con 284 individui, di cui 119 con diagnosi di MDD, 47 con diagnosi di SP e 118 soggetti di controllo con l’obiettivo di esaminare sia la differenza tra lo stato di salute di coloro a cui è stato diagnosticato uno dei due disturbi presi in esame, sia tra coloro che hanno una comorbilità con altri disturbi d’ansia e dell’umore e tra persone facenti parte del gruppo di controllo.
I risultati confermano che uno stato di benessere generale inteso in senso di salute fisica, psicologica e sociale è minore negli individui con diagnosi di MDD o SPP rispetto al gruppo di controllo; così come la salute delle persone in cui sono presenti entrambi i due disturbi è inferiore alle persone senza comorbilità. Il gruppo di controllo presenta i livelli più alti di benessere, seguiti dagli individui con sola diagnosi di SP ed infine quelli con sola diagnosi di MDD. Ciò può suggerire che una diagnosi di SP possa avere un impatto più circoscritto sulla vita delle persone, rispetto ad una diagnosi di MDD, che invece comporta un impatto più generico e globale. Tali risultati hanno importanti implicazioni cliniche in quanto la presenza di comorbilità potrebbe richiedere un approccio terapeutico differente rispetto al trattamento in assenza di comorbilità.

Wersebe, H., Lieb, R., Meyer, A. H., Miche, M., Mikoteit, T., Imboden, C., ... & Gloster, A. T. (2018). Well-being in major depression and social phobia with and without comorbidity. International Journal of Clinical and Health Psychology18(3), 201-208.