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numero 59 - luglio 2018

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #59

Rassegna stampa #59

Il perfezionismo e il distress da training nei giovani atleti: che ruolo hanno le strategie di coping?

I regimi di training associati agli sport competitivi pongono gli atleti in condizioni di stress fisico e psicologico. Quando l’allenamento diventa eccessivo ed è accompagnato da un riposo insufficiente, è possibile che gli atleti sperimentino una situazione di distress e sviluppino una sindrome di sovrallenamento, caratterizzata da fatica, disturbi dell’umore e un decremento delle performance che può protrarsi per settimane e talvolta mesi.
Uno dei possibili fattori psicologici che la letteratura scientifica identifica come correlato al distress da allenamento è il perfezionismo, identificato come una caratteristica della personalità che include un forte desiderio di essere impeccabili e stabilire degli standard di performance eccessivamente elevati accompagnati dalla tendenza a valutare in modo troppo critico i propri comportamenti. Si distinguono due dimensioni di questa variabile: il Perfectionistic Strivings (PS), che riflette il desiderio di perfezione e di standard personali elevati, e il Perfectionistic Concerns (PC), che riguarda la preoccupazione di commettere errori e reazioni negative nei confronti di ciò che è imperfetto.
Un recente studio condotto su 171 giovani atleti inglesi ha indagato la possibilità che la messa in atto di strategie di coping potesse mediare la relazione tra perfezionismo e distress da allenamento. Negli sport, infatti, se il coping, cioè quello sforzo cognitivo e comportamentale che l’individuo mette in atto per gestire gli stati interni ed esterni che portano a stress psicologico, viene applicato in modo efficace può garantire delle performance ottimali, il mantenimento della motivazione e la salvaguardia del benessere. Sono stati quindi valutati il perfezionismo, le strategie di coping e il distress da allenamento. Dai risultati è emerso che la messa in atto di coping evitante mediava la correlazione positiva tra PC e distress e quella negativa tra PS e distress. Tali evidenze suggeriscono, quindi, la necessità di sviluppare nei giovani atleti delle strategie di coping più attive e adattive, quali ad esempio quelle incentrate sul problema.

Madigan, D. J., Hill, A. P., Anstiss, P. A., Mallinson-Howard, S. H., & Kumar, S. (2018). Perfectionism and training distress in junior athletes: The mediating role of coping tendencies. European journal of sport science, 1-9.

 

Trattamento clinico: l'influenza significativa dei fattori comuni sulla salute

Alcune ricerche si sono occupate di studiare gli effetti della psicoterapia e il perché dei miglioramenti nei pazienti. I fattori così detti comuni, cioè quelli non specifici per un trattamento di cura ma bensì soliti a tutte le psicoterapie, come lo sviluppo della relazione terapeutica o l'ascolto attivo, svolgono un ruolo fondamentale nel comprendere la psicoterapia e possono spiegare, in generale o in parte, il motivo per cui si verifica un cambiamento terapeutico. Le tecniche in psicoterapia dipendono da molti processi interpersonali, intrapersonali e contestuali che si sovrappongono a quegli stessi processi che portano agli affetti placebo, i quali ricoprono un ruolo storicamente importante nei trattamenti medici.  Diversi sono gli studi che si sono occupati degli effetti di molteplici fattori legati al trattamento psicoterapico, tra questi lo studio di un gruppo di ricercatori americani che si è focalizzato sul trattamento di bambini clinicamente riferiti per un comportamento oppositivo, aggressivo e antisociale. Caregivers di 138 bambini, di età compresa tra i 6 e i 13 anni, hanno ricevuto un trattamento di Parent Management Training (PMT), in cui metà del campione ha ricevuto un trattamento standard mentre la restante metà una sua versione potenziata che comprendeva dei miglioramenti progettati per aumentare il legame del genitore con il terapeuta e il trattamento stesso, la credibilità e la professionalità del trattamento, e le aspettative sul cambiamento terapeutico. Con l'obiettivo di valutare l'impatto sul cambiamento terapeutico, lo studio ha sottolineato come il PMT, in entrambe le versioni senza notevoli differenze, abbia portato a un miglioramento significativo negli esiti del trattamento sia nei bambini, i quali nel post-trattamento hanno mostrato meno comportamenti problematici e antisociali e miglioramenti nel funzionamento adattivo prosociale, che nelle famiglie attraverso un abbassamento dei sintomi di depressione e stress e miglioramenti nelle relazioni familiari. Come emerge anche dallo studio condotto, nel lavoro clinico e di cura del paziente, i fattori comuni e i fattori più tecnico-specifici operano insieme pertanto la sfida consiste nel monitorare qualsiasi fattore che possa incidere positivamente sulla cura del paziente per migliorare il trattamento e di conseguenza gli esiti dei risultati.

Kazdina, A. E., Glick, A., Popea, A., Kaptchuk, T.J., Lecza, B., Carrubba, E., McWhinney, E., & Hamilton, N. (2018). Parent management training for conduct problems in children: Enhancing treatment to improve therapeutic change. International Journal of Clinical and Health Psychology, 18(2), 91-101.

 

Il sonno adolescenziale e la sua importanza neurofisiologica

Negli ultimi anni, la privazione del sonno nei giovani ha attirato l'attenzione internazionale. Durante il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, i disturbi emotivi e comportamentali legati al sonno continuano ad aumentare così come anche il potenziale delle conseguenze negative della deprivazione del sonno: i giovani tendono ad addormentarsi più tardi, a dormire di meno, ad avere più sonnolenza e una più bassa qualità del sonno. Durante questo periodo, gli effetti ormonali sullo sviluppo del cervello creano finestre di vulnerabilità e le intensive richieste sociali e accademiche possono aumentare la necessità di un sonno ristoratore e regolare. Diversi sono gli studi condotti che hanno dimostrato correlazioni significative tra la mancanza di sonno e i risultati comportamentali e accademici deleteri. Negli studi condotti principalmente con gli adulti, sia disturbi prolungati del sonno che le restrizioni di questo sono stati associati a variazioni percepibili nelle dimensioni anatomiche e funzionali nel cervello: la disregolazione affettiva e autonoma, i problemi comportamentali e psichiatrici, le disabilità neurocomportamentali, il rendimento accademico non sufficiente e l'obesità possono essere associati a disturbi persistenti del sonno. Tuttavia non sono molti quegli studi che approfondiscono la limitazione del sonno tra i giovani, a tal proposito un gruppo di ricercatori americani ha indagato in modo sistematico, in 18 adolescenti sani tra i 13 e i 15 anni, le conseguenze neurofisiologiche di una singola notte di sonno limitato (4 ore) attraverso tecniche di neuroimaging funzionale confrontandola con le conseguenze  dopo una notte di sonno normale (8 ore). I risultati mostrano come a seguito di una notte di sonno normale le strutture limbiche chiave abbiano una maggiore efficienza locale e globale rispetto a una notte di restrizione del sonno alla quale segue un'elaborazione meno efficiente. I risultati suggeriscono, poiché persistenti problemi di sonno, anche se minori, possono influire sul sistema neuronale, l'importanza di studiare e approfondire a livello neurofisiologico la privazione del sonno tra i giovani dato l'alto livello di plasticità e sviluppo cerebrale.

Robinson, J.L., Erath, S.A., Kana. R.K., & El-Sheikhd, M. (2018). Neurophysiological differences in the adolescent brain following a single night of restricted sleep – A 7T fMRI study. Developmental Cognitive Neuroscience, 31, 1-10.

 

Snap, selfie e condivisione: in che modo i tre social network più popolari contribuiscono alal comparsa dei disordini alimentari nelle giovani donne

La pressione socioculturale per l’aspetto fisico e l’internalizzazione di un ideale di magrezza si stanno rivelando in modo sempre più significativo forti predittori di disordini alimentari in giovani donne. Questa pressione incrementa quei processi cognitivi e sociali che si focalizzano sull’apparenza, tra cui l’eccessivo controllo sul corpo, l’immagine fisica e la propensione alla magrezza. Uno dei modi attraverso cui è cresciuta su larga scala la presenza di norme socioculturali riguardanti l’aspetto esteriore è l’uso dei media, in particolare attraverso i social network. Sembrerebbe infatti che la continua esposizione ai media e ai modelli che questi mostrano crei negli individui la convinzione che quelli siano gli standard ideali e appropriati a cui far riferimento, generando confronti sociali. È stato recentemente condotto uno studio con lo scopo di indagare quali aspetti dell’uso dei social network e quali piattaforme sono maggiormente correlate all’insoddisfazione per il proprio aspetto e ai disordini alimentari sempre più diffusi tra le giovani donne e caratterizzati da preoccupazioni riguardo il proprio peso, abbuffate e fame emotiva, comportamenti compensatori, forti restrizioni alimentari e sottopeso. 637 donne di origini etniche differenti hanno quindi completato un questionario circa il loro uso dei social network (nello specifico Facebook, Instagram e Snapchat) e la gratificazione derivante da esso, e tre diverse scale riguardanti comportamenti alimentari, percezione del proprio aspetto fisico e controllo sul proprio corpo. Dai risultati sono emerse differenze significative in base al social network maggiormente utilizzato: Instagram e Snapchat avrebbero, infatti, un’influenza maggiore sull’insoddisfazione per il proprio aspetto esteriore e sulla tendenza al confronto con gli altri, ponendo quindi gli individui ad un elevato rischio di sviluppare disturbi dell’alimentazione gravi.
Tali risultati suggeriscono la necessità per i professionisti della salute di integrare delle discussioni circa l’uso dei social network nei loro trattamenti nei casi di disordini alimentari e l’insoddisfazione corporea.  

Saunders, J. F., & Eaton, A. A. (2018). Snaps, Selfies, and Shares: How Three Popular Social Media Platforms Contribute to the Sociocultural Model of Disordered Eating Among Young Women. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking21(6), 343-354.