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numero 54 - febbraio 2018

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #54

Rassegna stampa #54

Le conseguenze della legislazione sugli abusi nei bambini

Il maltrattamento dei bambini è uno dei più importanti problemi concernenti la salute pubblica, con numerose conseguenze fisiche, emotive e psicologiche durante tutto l’arco di vita delle persone coinvolte. Da un punto di vista legale, la risposta che è stata maggiormente applicata riguarda l’obbligo di denuncia da parte dei professionisti che a vario titolo vengono a conoscenza di questa tipologia di problemi. Così facendo, quindi, le persone abusate possono ricevere supporto da canali istituzionali e aiuto nella gestione degli effetti di tali abusi. Nonostante ciò, nel campo della ricerca scientifica si hanno solo pochi studi che hanno indagato gli effetti che questa legislazione ha portato sulle conseguenze derivanti da tali abusi. Per questo motivo, un team di ricercatori canadesi ha condotto uno studio su un ampio campione di persone abusate nell’infanzia al fine di indagare la presenza di differenze in base all’aver ricevuto supporto dalle istituzioni preposte. Da un punto di vista socio-demografico, è emerso come le donne abusate abbiamo maggiori probabilità degli uomini di ricevere questa tipologia di supporto, così come di non essere sposati. Inoltre, all’aumentare degli abusi ricevuti aumentava la probabilità di essere aiutati da queste strutture; allo stesso modo, persone anziane più difficilmente ricevono questo tipo di auto così come persone con un elevato titolo di studio. Il risultato più interessante riguarda il fatto che persone che hanno sviluppato problemi di salute mentale non hanno una maggior probabilità delle altre persone di ricevere questa tipologia di supporto, con la sola eccezione delle persone che hanno tentato il suicidio, le quali ottengono maggior supporto rispetto alle persone senza una storia suicidaria. Per concludere, questo studio evidenzia che la legislazione che prevede l’obbligo di denuncia, e quindi di presa in carico da parte dei servizi sociali, sugli abusi nei bambini non sembra riuscire a gestire le conseguenze degli abusi in modo mirato: le persone che hanno conseguenze più pesanti non sembrano ricevere maggior supporto degli altri.

Afifi, T. O., McTavish, J., Turner, S., MacMillan, H. L., & Wathen, C. N. (2018). The relationship between child protection contact and mental health outcomes among Canadian adults with a child abuse history. Child Abuse & Negelct, 79, 22-30.

 

I benefici delle attività collaborative

In letteratura scientifica si hanno numerose evidenze in merito ai benefici sullo sviluppo cognitivo derivanti da attività collaborative; si hanno molte tipologia di attività che prevedono un apprendimento collaborativo, ognuna delle quali comporta differenti benefici sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Ad esempio, si possono avere vantaggi sia a livello metacognitivo sia a livello cognitivo: da un punto di vista metacognitivo, i principali vantaggi riguardano la pianificazione e l’esecuzione. Nonostante ciò, si hanno meno informazioni circa la bidirezionalità del vantaggio: ad esempio, non è del tutto chiaro se i benefici maggiori si hanno quando la collaborazione avviene tra due persone con abilità simili, oppure se sono più elevati con persone di abilità diverse e, in questo caso, non è del tutto esplorato quale persona riceva i maggiori benefici tra quella con maggiori abilità o quella con minori capacità al momento della collaborazione. Al fine di indagare in maniera puntuale la tipologia e la quantità di benefici derivanti da attività collaborative, due ricercatori statunitensi hanno condotto uno studio su un campione, equidistribuito per genere, di 64 studenti di 11 e 12 anni; questi ragazzi hanno lavorato in maniera collaborativa a coppie per un totale di sei incontri. Innanzitutto, i risultati hanno evidenziato come non ci siano differenze nel beneficio che si ottiene in base alla simmetria o asimmetria dei due componenti: in altre parole, i benefici osservati erano gli stessi sia quando i due bambini avevano abilità tra loro simili che quando tali abilità erano asimmetriche al momento iniziale del progetto. Questo risultato appare molto importante, in quanto la maggior parte degli studi indicavano come il beneficio derivante da attività collaborative si aveva quasi esclusivamente in situazioni di asimmetria: il ragazzo con maggiori abilità aveva un beneficio derivante dall’attività di insegnamento, l’altro ragazzo dall’apprendimento. In questo lavoro, quindi, emerge come le attività collaborative producano benefici simili anche quando a collaborare sono due persone caratterizzate da abilità simili.

Zillmer, N., & Kuhn, D. (2018). Do similar-ability peers regulate one another in a collaborative discourse activity? Cognitive Development, 45, 68-76.

 

La terapia cognitivo-comportamentale a distanza

La terapia cognitivo comportamentale ha dimostrato di essere un trattamento efficiente contro l’ansia e la depressione, ma per molte persone è comunque difficile intraprendere questo tipo di percorso; al fine di consentire l'accesso alla terapia ad un maggior numero di persone, sono state sviluppate nuove metodologie, come quella di effettuare la terapia a distanza, attraverso l’utilizzo di internet. Alcuni studi hanno dimostrato come anche questa tipologia di terapia cognitivo-comportamentale a distanza sia in grado di produrre degli effetti benefici sui pazienti, anche se ciò non vale per tutti: infatti, sono stati osservai elevati livelli di abbandono, così come numerosi pazienti che non hanno riscontrato reali benefici. Al fine di comprendere queste differenze negli esiti della terapia cognitivo-comportamentale a distanza, dei ricercatori hanno condotto uno studio su un ampissimo campione di persone che hanno iniziato un percorso terapeutico di questo tipo. I risultati hanno mostrato come l’età sia un predittore significativo dell’abbandono: in particolare, i pazienti più anziani hanno abbandonato in misura maggiore il percorso terapeutico rispetto ai pazienti più giovani; inoltre, non sono emerse differenze statisticamente significative in base ad altre variabili socio anagrafiche, come il sesso e il titolo di studio. Un altro fattore in grado di predire l’abbandono della terapia riguarda i livelli iniziali del disturbo evidenziato: al crescere di tale severità aumentava la probabilità di abbandono; a tal proposito, un fattore predittivo era la riduzione iniziale dei sintomi riportati: infatti, persone che avevano subito un’esperienza positiva circa la riduzione dei sintomi portati in terapia aumentava in maniera statisticamente significativa la probabilità di portare a termine il percorso terapeutico. Infine, è emerso come al crescere dei sintomi depressivi aumentava la frequenza di contatti tra paziente e terapeuta: nel caso della depressione, quindi, sembrerebbe che la severità dei sintomi possa in qualche modo aumentare l’impegno del paziente nei confronti del processo terapeutico. In sintesi, questo studio evidenzia la possibilità di svolgere una terapia cognitivo-comportamentale a distanza, attraverso l’utilizzo di internet, con dei risultati quantomeno incoraggianti.

Edmonds, M., Hadjistavropoulos, H. D., Schneider, L. H., Dear, B. F., & Titov, N. (2018). Who benefits most from therapist-assisted internet-delivered behavior therapy in clinical practice? Predictors of symptom change and dropout. Journal of Anxiety Disorders, 54, 24-32.

 

Lo smartphone e i tratti di personalità

Negli ultimi decenni sono state utilizzate nuove e diverse metodologie per la raccolta dei dati, fornendo nuove opportunità per la ricerca scientifica; ad esempio, i social network e gli smartphone contengono una grande quantità di informazioni potenzialmente utili per studi sulle attività delle persone e sulle loro interazioni. A tal proposito, negli ultimi anni si è sviluppata una nuova area di ricerca che valuta la capacità di predire i tratti di personalità a partire dall’utilizzo dello smartphone. Tre ricercatori danesi, quindi, hanno utilizzato un ampio insieme di dati tratti da smartphone al fine di predire i cinque Big Five di personalità; in particolare, attraverso un apposito software, sono stati ricavati dati circa le telefonate, la messaggistica e l’utilizzo dei social network come Facebook; inoltre, è stato somministrato un test psicologico al fine di avere delle misurazione dei Big Five di personalità. I risultati hanno mostrato come la capacità predittiva di questi dati sia molto inferiore rispetto alle attese, con la sola eccezione dell’Estroversione: infatti, i dati hanno mostrato come sia possibile predire il livello di Estroversione delle persone in maniera statisticamente significativa partendo dai dati relativi all’utilizzo dello smartphone. Gli autori hanno evidenziato, quindi, delle differenze rispetto agli studi già presenti in letteratura secondo loro dovute alla ridotta numerosità campionaria sulla quale sono stati condotti i precedenti studi, e al troppo elevato numero di variabili indagate che hanno portato a risultati statisticamente significativi anche laddove ciò potrebbe non esser del tutto vero. Nonostante ciò, emerge chiaramente una relazione statisticamente significativa con l’Estroversione: sulla base di ciò, quindi, appare chiaro come l’utilizzo dello smartphone differisca in base al livello di estroversione delle persone, in accordo anche con il senso comune. In sintesi, quindi, l’interesse principale derivante da questo lavoro riguarda la metodologia utilizzata: infatti, appare possibile utilizzare i dati derivanti dall’utilizzo del telefono cellulare al fine di indagare diversi aspetti personologici, primo tra tutti l’estroversione.

Monsted, B., Mollgaard, A., & Mathiesen, J. (2018). Phone-based metric as a predictor for basic personality traits. Journal of Research in Personality, 74, 16-22.