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numero 44 - febbraio 2017

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #44

Rassegna stampa #44

L’educazione fisica cooperativa come occasione per aumentare le abilità di ragionamento critico

Ormai è ampiamente attestato che l’educazione fisica supporti lo Sviluppo di abilità motorie e di abilità di ragionamento critico, tant’è che recentemente è stata molto enfatizzata la pratica di allenare le abilità di ragionamento critico nelle ore di educazione fisica a scuola: ad esempio, viene sempre più richiesto all’alunno di produrre delle soluzioni uniche per risolvere dei problemi legati al movimento. Tra le diverse modalità di allenare il pensiero critico nelle ore di educazione fisica, sta prendendo sempre più piede quella basata sul metodo di apprendimento cooperativo, che è un metodo nel quale gli studenti lavorano in piccoli gruppi con interazioni legate all’attività fisica. Essendo questa pratica applicata solo negli ultimi anni, non si hanno in letteratura molte evidenze circa i vantaggi che possa determinare: per questo motivo un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio sugli studenti delle scuole elementari per comprendere quanto la metodologia di apprendimento cooperativo sia legata alle abilità motorie e alle abilità di ragionamento critico. Nello specifico, in questo lavoro venivano allenate le abilità connesse allo sport del basket in 170 bambini divisi in tre diversi gruppi che si differenziavano per le abilità dei bambini rispetto al basket e per le condizioni sperimentali. I risultati mostravano come i bambini appartenenti al gruppo che applicava la metodologia di apprendimento cooperativa ottenevano dei miglioramenti nelle abilità legate al gioco del basket significativamente superiori rispetto al gruppo di controllo, che applicava una metodologia di allenamento classica. In maniera ancora più interessante, le analisi condotto hanno evidenziato come la cooperazione tra pari abbia un ruolo di mediazione rispetto all’apprendimento di abilità motorie, offrendo delle possibilità di incremento anche delle abilità di ragionamento critico all’interno della cornice dell’insegnamento dell’educazione fisica. In sintesi, questo lavoro offre importanti spunti applicativi e pratici, agli insegnanti di educazione fisica e non solo, per sfruttare al massimo le già importanti attività motorie dei bambini.

Huang, M-Y., Tu, H-Y., Wang, W-Y., Chen, J-F., Yu, Y-T. & Chou, C-C. (2017). Effects of cooperative learning and concept mapping intervention on critical thinking and basketball skills in elementary school. Thinking Skills and Creativity, 23, 207-216. 

 

Differenze di pregiudizio verso le minoranze etniche in base all’orientamento sessuale

L’orientamento sessuale di una persona è un importante caratteristica sociale della stessa e influenza I suoi valori e atteggiamenti verso il mondo esterno. In letteratura solo pochi studi si sono concentrati sulle differenze esistenti per quello che riguarda l’atteggiamento verso persone di un’altra etnia in base all’orientamento sessuale; inoltre, i risultati fin qui emersi sono tra loro contraddittori: alcuni studi mostrano come le persone appartenenti alla comunità LGB (lesbiche, gay e bisessuali) mostrano un pregiudizio minore verso persone appartenenti a gruppi diversi da loro, come ad esempio minoranze etniche; altri lavori, invece, hanno affermato come i membri della comunità LGB abbiano lo stesso livello di pregiudizio delle persone eterosessuali verso le minoranze etniche. Per cercare di fare maggiore chiarezza su questo tema, un ricercatore statunitense ha condotto uno studio su un ampio e rappresentativo campione estratto dalla popolazione americana per valutare se le persone appartenenti alla comunità LGB abbiano dei livelli di pregiudizio diversi rispetto alle persone eterosessuali nei confronti delle minoranze etniche, o verso altre variabili categorizzanti come il genere e l’orientamento sessuale stesso. I risultati ottenuto hanno messo in luce come i membri della comunità LGB abbiano degli atteggiamenti significativamente più liberali rispetto alle persone eterosessuali in praticamente tutte le variabili prese in esame, come l’etnia, il genere, la sessualità. Un risultato particolarmente interessante è quello che vede l’ideologia politica maggiormente progressista delle persone appartenenti alla comunità LGB come un fattore in grado di aumentare questa differenza negli atteggiamenti, ad esempio verso le minoranze etniche, rispetto alle persone eterosessuali. I risultati di questo studio hanno una ricaduta molto importante: ovvero, in tutte le occasioni nelle quali si cerca di studiare il fenomeno del pregiudizio verso minoranze come quelle etniche, l’orientamento sessuale delle persone è un fattore da prendere in considerazione, al contrario di quello che si sta facendo oggi. Solo così sarà possibile sviluppare delle politiche di aggregazione e attuare delle misure di integrazione che siano realmente efficaci e funzionali.

Grollman, E. A. (2017). Sexual orientation differences in attitudes about sexuality, race, and gender. Social Science Research, 61, 126-141. 

 

Il suicidio nei bambini con disturbo psicotico

I recenti fatti di cronaca, purtroppo, mostrano come ci sia un incremento del numero di suicidi da parte di ragazzi e adolescenti. A prescindere da ciò, all’interno della popolazione psicotica il suicidio è la prima causa di morte prematura: in particolare, dal 20 al 40% delle persone con questo tipo di disturbo hanno tentato di togliersi la vita almeno una volta. Inoltre, appare ormai evidente nella letteratura scientifica internazionale come il rischio di compiere comportamenti suicidari tenda ad iniziare nell’adolescenza, per poi restare alto in età adulta. Nonostante ciò, sono stati condotti numerosi studi sulla popolazione psicotica adulta, al fine di comprendere e prevenire questo fenomeno, ma solo pochi lavori si sono concentrati sullo studio di questo tragico fenomeno nei bambini e negli adolescenti. Un gruppo di studiosi americano si è concentrato sulla popolazione di bambini e adolescenti affetti da disturbi psicotici per esaminare i relativi comportamenti suicidari: l’ideazione, la pianificazione e la messa in atto del tentativo vero e proprio. Il campione sul quale è stato condotto questo studio, quindi, era formato da 25 bambini e adolescenti con una diagnosi di disturbo psicotico. I risultati hanno evidenziato, se ce ne fosse ulteriore bisogno, che questo gruppo di bambini mostrava dei livelli significativamente maggiori rispetto ai bambini con sviluppo tipico rispetto a tutte le dimensioni del comportamento suicidario. Inoltre, ulteriori analisi hanno attestato come questo sottogruppo di bambini e adolescenti presenti maggiori probabilità di compiere azioni atte a togliersi la vita, rispetto all’altro gruppo di bambini, anche tenendo sotto controllo i comportamenti di rischio individuali: in altre parole, a parità di ambiente circostante, di contesto familiare e di altre variabili potenzialmente intervenienti il soffrire di un disturbo psicotico produce da solo un aumento della probabilità di compiere azioni atte a togliersi la vita già nei bambini. Per concludere, quindi, questo lavoro pone l’accento sul fatto che la prevenzione di questo tipo di condotta non debba limitarsi alla popolazione adulta, e nemmeno a quella adolescenziale dal momento che le differenze sono già evidenti nei bambini.

Lincoln, S. H., Norkett, E., Graber, K., Tembulkar, S., Morelli, N., Gonzalez-Heydrich, J. & D’Angelo, E. (2017). Suicidal behaviors in children and adolescents with psychotic disorders. Schizophrenia Research, 179, 13-16. 

 

L’ADOS per la misurazione del defici nelle comunicazioni tra pari in bambini autistici

I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono caratterizzati da deficit nella comunicazione e nelle interazioni sociali, così come da una ristretta gamma di interessi e da comportamenti ripetitivi. A causa di questi deficit, molti bambini con diagnosi ASD hanno un minor numero di interazioni sociali rispetto a bambini dallo sviluppo tipico; ciò determina una grande difficoltà ad instaurare rapporti amicali e un aumento dello stress percepito nelle situazioni sociali. In particolare, è ormai ampiamente accettato nella letteratura scientifica di riferimento come i bambini ASD comunichino meglio con le persone adulte rispetto a quanto riescano a fare con i pari. Nonostante ciò, gli strumenti diagnostici vengono sempre somministrati dagli adulti: così facendo, quindi, non è sempre possibile cogliere le reali difficoltà che questi bambini incontrano nel comunicare con gli altri bambini. Per questo motivo, due studiosi americani hanno utilizzato la scala della comunicazione sociale del test Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) per predire la comunicazione reciproca con altri bambini durante delle attività quotidiane, come il gioco. I risultati hanno mostrato come in questo campione di 30 bambini con diagnosi ASD la scala di comunicazione sociale fosse il principale predittore, statisticamente significativo, delle comunicazioni reciproche durante il gioco tra pari. Inoltre, un risultato particolarmente interessante, in grado di aumentare la valenza dell’utilizzo dell’ADOS, è dato dal fatto che il punteggio di QI Verbale non era in grado di predire questo tipo di comportamenti, pur essendo specificatamente a carattere verbale. Gli autori, quindi, concludono che l’ADOS è uno strumento indispensabile per il trattamento di bambini ASD dal momento che può anche essere utilizzato come valido indicatore delle comunicazioni sociali tra pari che avvengono nella vita quotidiana dei bambini, fornendo preziose informazioni al professionista circa il livello di compromissione sociale del bambino ASD e supportandolo nel trattamento dello stesso attraverso numerose opzioni per il trattamento stesso.

Qualls, L. R. & Corbett, B. A. (2017). Examining the relationship between social communication on the ADOS and real-world reciprocal social communication in children with ASD. Research in Autism Spectrum Disorders, 33, 1-9.