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numero 93 - dicembre 2021

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Psychodiagnostik. 100 anni di Rorschach

Psychodiagnostik. 100 anni di Rorschach

Il 10 dicembre 2021 sono stati celebrati i 100 anni del test di Rorschach nel corso di una giornata di studio organizzata dal Centro Studi per la Cultura Psicologica in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. A partire dalla edizione del 2021 dello “Psychodiagnostik” di Herman Rorschach è stata ripercorsa la storia tortuosa, conflittuale, rischiosa vissuta dal test sino ad arrivare all’utilizzo attuale e prospettiva futura.

La giornata si è aperta con la relazione del Dr. Molaro, ricercatore e storico della scienza, che ha ricostruito la figura di Rorschach e a ritroso le curiose origini storiche del suo “esperimento”. Hermann Rorschach, era appassionato di forme e percezione sin dalla giovinezza, a tal punto da ottenere il soprannome “Klecks”, macchia. Rorschach, infatti, era solito chiedere a conoscenti cosa vedessero nelle macchie o in alcune particolari illusioni ottiche. Rorschach da medico e psichiatra, continuò a coltivare l’interesse per la percezione: i suoi primi esperimenti di percezione della forma con le macchie d’inchiostro risalgono al 1913; dopo essere stati messi da parte, Rorschach li riprese nel 1918 e raccolse i risultati nel libro “Psychodiagnostik”, pubblicato nel 1921. Il libro inizialmente ebbe ben poco successo; la sua popolarità aumentò solo a partire dalla quarta edizione, fino a diventare nel tempo uno strumento fondamentale per la pratica clinica, sebbene al centro di numerose critiche e discussioni. Sebbene l’autore non li citi mai apertamente, il suo esperimento ha alcuni illustri predecessori, tra cui Leonardo, Kerner, Binet e Henri che in modo diverso studiarono il fenomeno di percezione delle forme.

La Prof.ssa Andronifok, professore emerito dell’Università di Parigi e presidente fondatore del Comprehensive System International Rorschach Association, ha accompagnato con una letio magistralis la riflessione sull’evoluzione del test fino ai giorni nostri. La genialità di Rorschach, secondo la professoressa, è stata capire che, essendo la percezione un processo attivo tramite cui il cervello trasforma lo stimolo in qualcosa di conosciuto, ogni persona percepisce qualcosa di diverso, e questo modo di vedere dice qualcosa della sua personalità. Così come le illusioni ottiche che Rorschach amava presentare ad amici e conoscenti, il test da lui creato pone la persona davanti a un conflitto cognitivo, perché chiede di scegliere tra più interpretazioni elicitate dallo stesso stimolo. L’aspetto del conflitto, centrale per il suo autore, è stato a lungo messo da parte da chi si è occupato del test dopo la sua prematura scomparsa. È stato John Exner attraverso la formulazione del Sistema Comprensivo, a rimettere al centro il conflitto cognitivo: il compito di chi risponde è risolvere un problema, un conflitto tra immagini contrastanti. Non è un problema intellettuale, ma di strutturazione dell’ambiguità, dello sconosciuto e dalla sua risoluzione attraverso cui emerge come la persona si rapporta con il mondo e con se stesso. È quindi il processo che il soggetto mette in atto per dare significato allo stimolo che è informativo della sua personalità, più che il significato in sé, perché questo mostra come la persona si muove nel mondo.

Sulla linea di approfondimento di quello che è l’hic et nunc della fase storica del test la Prof.ssa Parolin sostiene le caratteristiche specifiche del Rorschach in qualità di strumento tuttora fortemente informativo, che consente di aggiungere qualcosa alla diagnosi anche in termini di “validità incrementale” ed è preferibile rispetto a test più brevi ed economici. Da questa prospettiva, il test di Rorschach ha dovuto affrontare numerose e aspre critiche; se da un lato questo ha complicato la sua applicazione, il dibattito costante ha spinto i suoi sostenitori a migliorare sempre di più lo strumento, fornendoci oggi un test affidabile e unicamente informativo. Il futuro della sua applicazione dipende tuttavia da diversi fattori, tra cui la sempre maggiore spinta a utilizzare strumenti più semplici e veloci e la necessità del test di evolversi, mantenendo allo stesso tempo un supporto empirico.  L’approccio empirically based, in questo senso, da solo non è sufficiente, perché l’ancoraggio al test tende a portare ad una comprensione semplicistica del funzionamento mentale; questo dovrebbe sempre essere integrato con un approccio più clinico, in base alla teoria psicologica di riferimento per il clinico, che permette di comprendere il funzionamento del paziente in tutta la sua complessità. Per potenziare ulteriormente l’utilità interpretativa del test, Parolin e Di Lorenzo propongono nel loro nuovo libro Il Rorschach nel ciclo di vita, edito per Cortina, un approccio evolutivo che tenga in considerazione la fase del ciclo di vita in cui il paziente si trova per dare senso alle dimensioni da lui portate nel test e comprenderle alla luce delle sfide poste dal momento evolutivo. Questo rappresenta un’innovazione rispetto alle interpretazioni psicoanalitiche tradizionali, che valutano il funzionamento della persona in rapporto a quello adulto, inteso come obiettivo verso cui tendere.

La tavola rotonda, infine, ha portato con sé la condivisone di diverse visioni relative al futuro del Rorschach argomentate da quattro tra i più grandi autori nazionali che se ne occupano del test sotto diversi profili: la Prof.ssa Lis, il Prof. Porcelli, il Prof. Abbate e il Prof. Aschieri. La discussione tra gli autori evolve nello specifico sulle proposte formative e di training sul test e si rimanda alla complessità del Rorschach, alla sofisticazione dei suoi aspetti di funzionamento tecnico e clinico, per sostenere la necessità di training e un percorso di accompagnamento all’uso del test ben più impegnativo di quello che spesso viene proposto. La riflessione viene collocata in relazione ad un più ampio sguardo interno ed esterno alla professione: da un lato la necessità di coniugare l’apprendere gli strumenti alla formazione sulla diagnosi; dall’altro il confronto con il mondo esterno, dall’ambito di ricerca all’applicabilità forense, che spesso fraintende la qualità e forza empirica del Rorschach. Il dibattito va nella direzione di proporre all’Ordine degli Psicologi la creazione di un tavolo di lavoro che si occupi di definire la bontà degli strumenti di assessment, tra cui il Rorschach, su ispirazione delle procedure statunitensi.

La giornata di lavoro esita nella condivisione della volontà di formulazione di un network che possa includere autori e professionisti che utilizzano il Rorschach condividendo un approccio evidence-based. Tale prospettiva costruisce una concreta linea di lavoro comune che porta la convinzione di investire su un test con grande storia, ma anche proiettato in un futuro ancora duraturo.