Osservatorio Talent
L’outplacement dal punto di vista dello psicologo
L’outplacement dal punto di vista dello psicologo
La parola outplacement, che in italiano si traduce come “ricollocamento” o “ricollocazione”, sia per la situazione critica in cui le persone ne sentono parlare per la prima volta, sia per scarsa conoscenza del reale significato, viene facilmente associata alle più negative espressioni “piazzare fuori”, “buttare fuori”, “essere out…" ecc. Pertanto non ci stupisce che l’outplacement possa destare perplessità, o addirittura resistenze, in coloro che si trovano davanti alla prospettiva di affidarsi a questo tipo di servizio.
In realtà la storia rivela un’accezione positiva del termine outplacement, che è stato coniato negli Stati Uniti intorno agli anni '60, quando l’ente spaziale della NASA avviò un’attività di supporto per aiutare i dipendenti, che avevano lavorato al progetto Apollo, a rientrare nel mercato del lavoro.
Questo servizio inizia ad essere utilizzato nel nostro Paese solo verso la fine degli anni ‘80 ed è regolato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali come attività di supporto alla ricollocazione professionale. Concretamente, si tratta di un servizio di consulenza, pagato dall’azienda, che si propone di accompagnare le persone in uscita dall’azienda stessa nella ricerca di nuove opportunità professionali.
Ma come funziona questo servizio? Di cosa si tratta? E quale valore aggiunto può dare lo psicologo in questo contesto?
Partiamo da alcune domande che pongono frequentemente le persone, al loro primo approccio esplorativo: “Mi vogliono licenziare e mi dicono che la vostra agenzia mi troverà un nuovo lavoro, ma quindi voi avete opportunità di lavoro da propormi? Mi presenterete a delle aziende? Riuscite a trovare lavoro anche a persone con un profilo come il mio? Anche a persone della mia età?”. In realtà si tratta di un servizio molto più ampio e profondo di un semplice incrocio domanda/offerta di lavoro, e la risposta può essere apparentemente poco rassicurante: “No, non abbiamo opportunità di lavoro da proporre, le proponiamo di lavorare insieme per trovarle...”. È proprio questa la chiave che fa funzionare il servizio, consulente e candidato procedono, passo dopo passo, lungo un percorso che parte dalla persona prima che dal mercato, dal suo vissuto, ne approfondisce qualità, bisogni e obiettivi, arrivando poi a pianificare e stabilire contatti consapevoli e mirati con il mercato del lavoro, per coglierne le opportunità.
Cercare lavoro, sempre di più richiede alle persone di mettere in pista energia, tenuta emotiva e motivazionale nel tempo, oltre che abilità di pianificazione, comunicazione e relazione. Tuttavia, proprio l’equilibrio emotivo e motivazionale in questa fase risultano instabili, incidendo negativamente sulla capacità di attivarsi e agire in modo lucido ed efficace per raggiungere l’obiettivo. Infatti, come è noto, la perdita del lavoro è un evento traumatico, può innescare reazioni diverse nelle persone, ma in ogni caso impatta prepotentemente sulla vita delle stesse, stravolgendo i ritmi delle giornate, l’assetto delle relazioni sociali, le dinamiche familiari, le abitudini e la percezione di se stessi e del proprio ruolo nella società. È un evento che rende necessario rimettere in discussione le proprie certezze e l’immagine di sé costruita e consolidata nel tempo.
Per un consulente di outplacement tutto questo si evidenzia quotidianamente. Ogni volta che ci si trova davanti ad una persona che racconta la sua storia, emergono le sue emozioni: rabbia, frustrazione, rimpianto, tristezza, sconcerto, sfiducia, timore… Emozioni più o meno forti, che a volte si celano dietro un’apparente freddezza, altre volte vengono espresse in modo consapevole e chiaro, altre ancora esplodono, intrattenute e senza filtri. Inoltre, queste emozioni “oscillano”, si affievoliscono e si riaccendono più volte durante il percorso. Ecco perché il supporto psicologico, in questa fase di transizione, è così importante: per ristabilire innanzitutto fiducia in se stessi, potenziare le sensazioni di auto-efficacia, riportare in equilibrio la sfera emotiva e mantenere stabile la motivazione. Solo in questo modo la persona sarà in grado di essere obiettiva, di pianificare e mettere in atto le strategie più efficaci per cercare lavoro.
Fermo restando l’importanza del dare supporto emotivo, nell’outplacement il concetto di supporto ha più di un significato e ci sono anche altre competenze da mettere in campo:
- è necessario affiancare il candidato nell’analisi delle sue competenze e nella definizione di un obiettivo professionale coerente e ben formulato;
- formare e trasferire conoscenze sulle dinamiche del mercato del lavoro, sui canali di ricollocamento, sulle tecniche e sugli strumenti per la ricerca;
- fornire consulenza personalizzata per mettere a punto gli strumenti e le strategie più efficaci per proporsi ai diversi interlocutori;
- affiancare nella costruzione di un piano di azione che tenga conto delle motivazioni personali e delle caratteristiche del mercato del lavoro;
- migliorare e potenziare le capacità di comunicazione personale (personal branding) e di relazione (networking), oggi fondamentali per raggiungere l’obiettivo.
Per essere un consulente di outplacement, uno psicologo deve quindi integrare armoniosamente competenze specifiche della professione e attitudine alla relazione, con tecniche di coaching, conoscenza del mercato del lavoro, conoscenza degli strumenti e innovazioni nel campo della ricollocazione professionale. Infine, fondamentale è la capacità di cambiare, adattare e rinnovare il proprio approccio, seguendo le evoluzioni delle dinamiche del mercato occupazionale nel tempo.