QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

Qi, il magazine online di Hogrefe Editore.
Ogni mese, cultura, scienza ed aggiornamento
in psicologia.

numero 45 - marzo 2017

Hogrefe editore
Archivio riviste

Tema del mese

La psicofisiologia tra passato e futuro

La psicofisiologia tra passato e futuro

La psicofisiologia è storicamente una disciplina di confine, nata dall’intersezione di paradigmi teorici, conoscenze empiriche, metodologie e procedure d’indagine di diverse tradizioni epistemiche e di ricerca per tentare di dare una nuova e più completa risposta a una fondamentale domanda: quale rapporto lega meccanismi fisiologici e funzioni mentali? 

Alle origini: psicofisiologia e tecniche di indagine

Nel panorama internazionale, possiamo far risalire il primo corso accademico in psicofisiologia, specificamente votato all’insegnamento della disciplina, al 1965, quando David Shapiro accettò l’incarico presso la Harvard University. Sette anni più tardi veniva pubblicata la prima edizione dell’Handbook of Psychophysiology (Greenfield e Sternbach, 1972), un volume che ancora oggi, nelle sue edizioni più aggiornate, si pone come punto di riferimento per la diffusione delle principali conoscenze teoriche e pratiche della disciplina, per la raccolta delle più recenti e consolidate scoperte, e per la definizione delle linee di sviluppo future.

Fin dalle sue origini, la psicofisiologia ha riguardato lo studio scientifico della relazione tra processi fisiologici e cognitivi, con l’intento conoscitivo di identificare e comprendere le basi corporee del comportamento e del pensiero umano e con l’intento applicativo di modificare le loro eventuali condizioni patologiche o subcliniche operando su tali basi fisiologiche. Tra le tecniche utilizzate in questo ambito si annoverano quelle che permettono di rilevare con modalità dirette o indirette il funzionamento di organi o strutture nervose (ad es., l’aumento della conduttanza dei tessuti epiteliali a seguito dell’attivazione delle ghiandole sudoripare o la fluttuazione dei campi magnetici generati dall’attivazione di neuroni corticali) in relazione a specifici comportamenti osservati o con specifici aspetti dei processi percettivi, cognitivi o affettivi associati.

Oltre alla rilevazione di indici autonomici (come la frequenza o la variabilità cardiaca, l’entità della tensione muscolare, il ciclo del respiro, o l’ampiezza dell’attività elettrodermica fasica; Mendes, 2009), all’elettroencefalografia e alla registrazione dei potenziali evento-relati associati a stimolazioni percettive o cognitive, alle neuroimmagini funzionali (come la tomografia a emissione di positroni – PET – o la risonanza magnetica funzionale – fMRI), una nuova tecnica ha di recente fatto il suo ingresso in scena offrendo nuove possibilità di indagine dei substrati neurali che supportano processi cognitivi e sociali in contesti più ecologici: la spettroscopia funzionale del vicino infrarosso (functional Near-Infrared Spectroscopy - fNIRS; Balconi e Molteni, 2016). La spettroscopia del vicino infrarosso è una tecnica di neuroimmagine in grado di offrire informazioni sulle risposte emodinamiche associate al funzionamento di strutture corticali tracciando le modulazioni della concentrazione di emoglobina ossigenata e deossigenata nel flusso ematico cerebrale. Data la non-invasività e la (in alcuni casi) portabilità degli strumenti fNIRS, tale tecnica ha permesso di rendere sempre più ecologiche le rilevazioni emodinamiche con interessanti applicazioni per lo studio delle interazioni sociali e del funzionamento cognitivo in contesti real-life.

Tra le tecniche di interferenza comunemente utilizzante in ambito psicofisiologico, invece, un ruolo da primo attore è giocato dagli strumenti di stimolazione cerebrale non-invasiva (Rossini et al., 2015). Le tecniche con cui è possibile stimolare le strutture nervose centrali e periferiche, esercitando dall’esterno un’influenza sul loro funzionamento, sono riconducibili a due principali modalità di stimolazione: magnetica ed elettrica. La stimolazione magnetica transcranica (Transcranial Magnetic Stimulation – TMS) si basa sull’erogazione di brevi impulsi magnetici transienti in grado di elicitare, secondo il principio dell’induzione elettromagnetica, l’attivazione di cellule nervose corticali o risposte nervose periferiche. La stimolazione elettrica transcranica (transcranial Electrical Stimulation – tES) si basa invece sull’erogazione di lievi flussi di corrente elettrica per diversi minuti, in grado di modulare in positivo o in negativo la facilità con cui una popolazione neuronale si attiva per elaborare informazioni. La possibilità di indurre modulazioni dell’eccitabilità e della responsività di strutture nervose centrali che perdurano anche dopo il termine della stimolazione ha inoltre aperto un filone di ricerca sul potenziale applicativo di queste tecniche in ambito riabilitativo e per l’empowerment delle abilità cognitive ed emotivo-relazionali.

Per concludere, tra le tecniche psicofisiologiche possiamo annoverare quelle di neurofeedback e biofeedback, due tecniche ricondotte alla psicofisiologia applicata che – tramite la misura accurata, l’elaborazione, e la restituzione di feedback informativi sulla fluttuazione dei biosegnali centrali (neurofeedback) o periferici (biofeedback) – supportano percorsi di intervento sulla consapevolezza e sul controllo delle reazioni fisiologiche, in un’ottica di promozione del rilassamento, di gestione dello stress, di recupero funzionale, e di potenziamento delle abilità cognitive. In questo ambito, particolari sviluppi in termini prospettici riguardano le scienze dello sport, come dominio applicativo delle più recenti tecniche psicofisiologiche.

Dal problema corpo-mente alle social neurosciences

La prima formulazione scientifica moderna del rapporto tra corpo e mente, oggetto di primario interesse della disciplina psicofisiologica, è comunemente attribuita a Cartesio, il quale prospettava un modello esplicativo gerarchico a tre livelli. Secondo il modello cartesiano, un primo livello, costituito da strutture del tronco encefalo e del midollo spinale, renderebbe conto dei riflessi automatici. Un secondo livello, costituito dall’encefalo, si occuperebbe di ricevere ed elaborare le informazioni ricevute dal primo livello, nonché di trasmettere i comandi necessari all’esecuzione di azioni complesse e comportamenti intenzionali. Infine, il terzo livello distinto, costituito dalla mente, racchiuderebbe la coscienza umana e governerebbe l’encefalo guidando, di fatto, la maggior quota dell’agire umano. La critica e il superamento dell’approccio dualista interazionista hanno portato a un successivo orientamento della comunità psicofisiologica verso letture moniste della relazione tra funzioni mentali, strutture nervose e processi fisiologici. Coerentemente, gli stati psicologici sono considerati come elementi implementati da o rappresentati in strutture corticali, limbiche, cerebellari e del tronco encefalo, in grado di esercitare influenza, attraverso tali substrati, sull’attività autonomica, neuroendocrina e del sistema immunitario. Un’attenzione particolare è poi data ai segnali di ritorno, le cui informazioni afferenti sono in grado di modulare l’attività cerebrale e il comportamento nei complessi contesti interattivi quotidiani.

Il focus sui meccanismi e i processi di elaborazione delle informazioni, promosso dall’avvento dell’informatica e dagli sviluppi del cognitivismo, ha comportato la creazione di un filone fondamentale della disciplina psicofisiologica: la psicofisiologia cognitiva, intesa come l’indagine della relazione tra le fasi del processamento di informazioni ed eventi fisiologici. Tale filone si è accostato a un altro fondamentale pilastro della disciplina, relativo allo studio dei correlati funzionali delle manifestazioni disfunzionali o patologiche con finalità di valutazione o di intervento e trattamento: la psicofisiologia clinica.

Più di recente, l’interesse per le modalità con cui il contesto, le interazioni e le relazioni sociali influenzano il funzionamento cerebrale nel medio e lungo termine e per le modalità con cui il funzionamento cerebrale sostiene e crea i comportamenti complessi ed elabora attivamente il contesto sociale ha portato alla nascita di un nuovo filone di indagine, definito psicofisiologia sociale. Comunemente ricondotta al più ampio approccio delle neuroscienze sociali, il filone sociale riguarda lo studio degli effetti cognitivi, affettivi e comportamentali degli scambi interattivi tra consimili tramite la misura delle modulazioni di attività fisiologica (periferica e centrale) che li denotano e accompagnano. L’attenzione si sta quindi sempre più marcatamente allontanando dal problema corpo-mente e avvicinandosi al problema dei rapporti tra corpi e menti differenti, alla definizione dei correlati della nostra capacità di comprensione sociale ed empatia o della nostra capacità di agire in modo intenzionale come individui e come gruppo, coordinando obiettivi individuali e fini condivisi con altri attori sociali (Balconi, 2012; Crivelli e Balconi, 2010).

Il presente: il paradigma hyperscanning

Sull’onda del riconoscimento del ruolo determinante dei più ampi contesti sociali, culturali e interpersonali non solo rispetto al comportamento esplicito, ma anche allo sviluppo e al funzionamento cerebrale, l’ecologicità delle indagini empiriche in psicofisiologia e la verosimiglianza tra contesto sperimentale e contesto reale hanno acquisito nuovo valore, portando alla creazione di strumenti di rilevazione sempre più portabili e meno invasivi e allo sviluppo di innovative procedure di indagine. Tra questi ultimi sviluppi di frontiera, l’approccio hyperscanning sta in particolare offrendo interessanti evidenze e spunti di approfondimento (ad es., Balconi e Vanutelli, 2016). Tale approccio, infatti, mira a superare i limiti della ricerca psicofisiologica e neuroscientifica sui temi dell’affettività e della socialità realizzata con setting individuali, restituendo ai fenomeni indagati la loro originale natura duale e interattiva. Il termine hyperscanning definisce, infatti, un setting di indagine in cui sono presenti coppie di partecipanti che possono interagire (ad esempio collaborando o competendo) in un compito comune. Un setting che quindi permette di esplorare fenomeni interattivi e sociali in modo più realistico, investigando inoltre la sincronizzazione delle attività fisiologiche e dei processi mentali che si sviluppano nell’interazione.

Concludendo e parafrasando le parole di Greenfield e Sternbach, la psicofisiologia è “una vecchia idea ma una nuova scienza”, che ha un rapporto privilegiato con le neuroscienze cognitive o, come alcuni oggi sostengono, coincide con esse. Mantenendo salde le radici nell’assunto per cui la misurazione e l’analisi di processi fisiologici periferici e centrali promuovono la comprensione della mente umana, la psicofisiologia guarda ai suoi classici fenomeni di interesse (come pensieri, emozioni e comportamenti) secondo un’ottica profondamente embodied. Le più recenti aperture verso le competenze relazionali e i processi interattivi hanno reso lo scenario più realistico ma anche più complesso supportando, come avvenuto anche nell’ambito della psicologia e delle neuroscienze sociali, l’idea di una mente incorporata (embodied) ma anche attivamente immersa e in interazione (embedded) con l’ambiente fisico e sociale.

Bibliografia

Balconi, M., (2012). Far capitare le cose. Pensiero e azione nelle neuroscienze cognitive. Bologna: Il Mulino.

Balconi, M., e Molteni, E. (2016). Past and future of near-infrared spectroscopy in studies of emotion and social neuroscience. Journal of Cognitive Psychology, 28(2), 129–146. http://doi.org/10.1080/20445911.2015.1102919.

Balconi, M., e Vanutelli, M. E. (2016). Interbrains cooperation: hyperscanning and self-perception in joint actions. Journal of Clinical and Experimental Neuropsychology, Epub ahead of print, 1–14. http://doi.org/10.1080/13803395.2016.1253666.

Crivelli, D., e Balconi, M. (2010). Agency and inter-agency, action and joint action: theoretical and neuropsychological evidences. In M. Balconi (Ed.), Neuropsychology of the Sense of Agency. From Consciousness to Action (pp. 107–122). New York: Springer-Verlag.

Greenfield, N.S., e Sternbach, R. A. (Eds.). (1972). Handbook of psychophysiology. New York: Holt, Rinehart and Winston.

Mendes, W.B. (2009). Assessing autonomic nervous system activity. In E. Harmon-Jones & J. S. Beer (a cura di), Methods in Social Neuroscience (pp. 118–147). New York: Guilford Press.

Rossini, P.M., Burke, D., Chen, R., Cohen, L.G., Daskalakis, Z., Di Iorio, R., … Ziemann, U. (2015). Non-invasive electrical and magnetic stimulation of the brain, spinal cord, roots and peripheral nerves: Basic principles and procedures for routine clinical and research application: An updated report from an I.F.C.N. Committee. Clinical Neurophysiology, 126(6), 1071–1107. http://doi.org/10.1016/j.clinph.2015.02.001