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numero 57 - maggio 2018

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Esperienze

La 3D Therapy applicata nella psicoterapia con i bambini

La 3D Therapy applicata nella psicoterapia con i bambini

La 3D Therapy® è una metodologia psicoterapeutica di indagine conoscitiva, di elaborazione e di trasformazione degli aspetti emotivi esternati dal soggetto durante l’incontro terapeutico e trasposti in grafico e poi in oggetti tridimensionali con l'uso del computer e stampante 3D.
La 3D Therapy® è un approccio, ad oggi, inedito. Si colloca nell’ambito della psicoterapia esperienziale di tipo gestaltico, ed è basato sul processo di consapevolezza e costruzione dell’immagine di Sé e sul ruolo fondamentale della relazione del soggetto con l’ambiente.
La consapevolezza del Sé esperienziale si sviluppa attraverso il processo dell’attivazione della sensazione (precontatto), della motivazione all’azione (avvio al contatto), del raggiungimento del grado di consapevolezza (contatto pieno) e del post-contatto con l’adattamento creativo. Il percorso della 3D Therapy® si inserisce nella fase della presa di consapevolezza.
La procedura terapeutica adotta un processo di stimolazione sensoriale e verbale che attiva il meccanismo di esternalizzazione dell'emozione disfunzionale come paura, rabbia, vergogna, colpa che è all’origine del disagio. L’emozione portata all’esterno viene trasposta sotto forma di grafico bidimensionale e con un processo informatico-grafico si materializza in oggetto tridimensionale. 

L’idea della 3D Therapy®

ante uno scambio verbale con un realizzatore di oggetti in 3D. In quel momento stavo seguendo in terapia un ragazzino di 9 anni affetto da aracnofobia (fobia dei ragni). Durante il colloquio con il grafico, ho mentalizzato che la realizzazione del ragno rappresentato graficamente dal bambino nella seduta precedente (Foto 1) avrebbe potuto avere lo scopo di rendere reale ed oggettivo l’elemento di angoscia e creare una maggiore familiarità dell’oggetto agli occhi del bambino, in modo da attuare una graduale desensibilizzazione all’insetto. Una volta creato l’oggetto in 3D (Foto 2) da parte dell’esperto, nell’incontro successivo, l’ho presentato al bambino che ha adottato un comportamento interessante: dopo un momento di iniziale stupore si è subito attivato, focalizzando lo sguardo sull’oggetto, coordinando mani e occhi in modo da manipolare, spostare nello spazio, toccare in vari modi, lisciare, dare pugni all’oggetto, fino a scoprire il tassello con il ragno e a trovare la soluzione di mettere il ragno sotto i suoi piedi e poi sotto i piedi del bambino rappresentato nell’oggetto3D (Foto 3). Questo processo è stato accompagnato e sostenuto da una ricca e fluente elaborazione verbale che ha consentito di raggiungere, in breve tempo, un’adeguata consapevolezza e stima di Sé. Il comportamento del bambino è andato ben oltre l’aspettativa immaginata. Nel processo non era emersa la paura e il conseguente comportamento evitante, e il bambino sembrava aver superato in modo efficace e in breve tempo il suo disagio.
Nell’incontro successivo, il bambino ha riproposto un comportamento fluente e ha di nuovo messo in atto la soluzione raggiunta nell’incontro precedente.
Al momento del follow-up (tre mesi dopo), il bambino ha riferito che non aveva più paura dei ragni e ha condiviso la richiesta fatta al padre di voler essere responsabile di un piccolo orto davanti casa. 

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Foto 1

 

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Foto 2

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Foto 3

Presupposti teorici

L’andamento del processo osservato sollecita una riflessione sull’uso dell’oggetto 3D. È vero che l’oggetto riflette delle caratteristiche di qualità e che la realtà oggettuale consente al bambino di meta-riflettere e meta-comprendere. Winnicott (1999) sostiene che “nell’entrare in rapporto con l’oggetto il soggetto consente che certe modificazioni abbiano luogo nel suo Sé.” In particolare l’oggetto 3D “riflette” l’emozione disfunzionale esternalizzata in termini oggettivi e reali. Tale oggetto, rivestito di emozioni familiari al bambino, “riflette” quelle emozioni in precedenza trasposte e genera nel soggetto che osserva una risonanza interna definita “risonanza viscero-motoria” (Rizzolatti e Sinigallia, 2006).
Il bambino osserva l’oggetto che ripropone l’emozione vissuta, oggetto che sollecita i neuroni specchio e le alte funzioni cognitive accelerando la consapevolezza del conflitto intrapsichico e la sua soluzione con un ulteriore sviluppo nel processo di comprensione. Gallese afferma che “la sua emozione è ricostruita, esperita e perciò compresa direttamente attraverso una simulazione incarnata che produce uno stato corporeo condiviso dall’osservatore” (Onnis, 2015). Attraverso l’osservazione dell’oggetto 3D il soggetto si riappropria di elementi personali ad alto valore emotivo, portati fuori, e con l’osservazione incorporati, “incarnati”, sentiti dentro di sé; processo che consente la connessione mente-corpo. Durante l’osservazione, il soggetto avvia una serie di azioni che includono la capacità di attenzionare, integrare e sintetizzare le informazioni sino alla loro organizzazione spazio-temporale e l’evoluzione pianificata dell’azione.
L’oggetto 3D, riconosciuto dal soggetto, rientra nel suo contesto mentale familiare, purificato dagli aspetti negativi e mentalizzato. 

La struttura della 3D Therapy®

La procedura della 3D Therapy® è stata formalizzata in cinque fasi sequenziali (A, Bx, Cx, D, E). Le sedute sono individuali, della durata di circa un’ora. L’andamento terapico si muove all’interno del processamento del continuum della consapevolezza.
Il percorso con la 3D Therapy® si avvia con un intervento esperienziale che coinvolge emotivamente il bambino (fase A) e lo stimola ad evocare e attualizzare un vissuto emotivo disturbante che sarà trasposto in grafico. Durante la trasposizione si utilizza la lavagna cromatica e a conclusione del disegno si lascia il bambino osservare e narrare il grafico attivando la lavagna luminosa (Foto 1).
La trasformazione del grafico in oggetto 3D è delegata alla fase tecnica-grafica-informatica (fase Bx), ovviamente svolta al di fuori dal setting terapeutico e nella quale si utilizzano software e stampante 3D (Foto 2).
Le fasi Cx e D evolvono all’interno di una stessa seduta. Sono di grande rilievo terapeutico e si caratterizzano per un processo dinamico evolutivo. Nella fase Cx si presenta al bambino in successione il grafico e poi l’oggetto 3D; mentre nella fase D si dà spazio al bambino di osservare l’oggetto, di manipolare (Foto 3), narrare e confrontare. Dall’azione sull’oggetto alla narrazione, il bambino giunge ad una nuova riorganizzazione emotiva e cognitiva, sino ad una adeguata soluzione comportamentale.
Nella fase E si ripropone l’oggetto 3D per stabilizzare il processo emotivo-cognitivo e chiudere la gestalt. 

I risultati

Attualmente, tale approccio è stato utilizzato nella terapia di cinque bambini di età compresa tra gli 8 i 12 anni, che mostravano problematiche di diversa tipologia: dalla somatizzazione, ai disturbi dell’attaccamento, alla fobia di insetti e luoghi, e agli attacchi panico. L’obiettivo è stato quello di  verificare il comportamento dei singoli bambini nei confronti dell’oggetto 3D, la meta-comprensione e il problem solving dell’emozione disfunzionale.
In generale i cinque bambini hanno manifestato in modo costante e congruente gli stessi atteggiamenti emotivi e cognitivi dinanzi all’oggetto 3D. Giunti alla fase Cx, i cinque bambini, passano da un comportamento di stupore e sorpresa ad un comportamento attivo sostenuto da una forte eccitazione visiva e tattile. Il forte impatto emotivo generato al momento della presentazione dell’oggetto si trasforma in un processo attentivo dinamico. L’oggetto 3D attenzionato produce una forte eccitazione che attiva i neuroni specchio che “rispecchiano” le emozioni negative oggettivate del bambino. Emozioni, prima esternalizzate durante il coinvolgimento emotivo, ora sono rese reali con la materializzazione in oggetto e comprese nell’atto di osservare l’oggetto 3D. Di contro, l’oggetto 3D stimola il bambino ad agire sullo stesso oggetto e, nel contempo, a mentalizzare il proprio malessere riportato in memoria. Il bambino, a man a mano che esplora l’oggetto 3D, coordina la propria manualità, verbalizza il suo disagio e le azioni che compie sull’oggetto 3D, organizza e pianifica le soluzioni adattive-creative sull’oggetto 3D sino a giungere uno stato di auto-soddisfazione delle proprie azioni. Il bambino meta-comprende le sue emozioni disfunzionali e attribuisce senso al suo malessere che vede riflesso dall’oggetto, confronta l’esperienza incarnata nella fase evocativa ed attualizzata e conclude il processo metacognitivo portando a soluzione il gap evidenziato in ambito emotivo-cognitivo.

Conclusioni

Dall’esperienza ottenuta è possibile osservare che la materializzazione dell’emozione proiettata nell’oggetto tridimensionale, scatena nel bambino un forte impatto emotivo che attiva il processo dell’assimilazione interna con il raggiungimento della consapevolezza. La capacità di comprendere l’oggetto 3D, rispecchiante il vissuto emotivo oggettivato, comporta la rievocazione sequenziale delle azioni finalizzate alla pianificazione dell’oggetto. L’oggetto 3D offre al bambino la possibilità di osservare l’emozione che lo blocca e che è all’origine del suo malessere, di oggettivare le sue riflessioni sull’emozione negativa, che spesso non sono consapevoli e meta-comprese, e di organizzare una azione per la soluzione dell’empasse emotiva.
La presentazione dell’oggetto 3D, infine, attiva un processo dinamico e qualitativamente adeguato, in poche sedute genera nel bambino un cambiamento stabile ed integrato.

Bibliografia

  • Churchland P.S., “L’io come cervello”Raffaello Cortina, Milano, 2014
  • Istituto di Scienze cognitiva (a cura), “Congresso Attaccamento e trauma (Atti)” Roma, 2015.
  • Denworth L., articolo ”Le due facce dell’empatia” nella rivista N°594 Le Scienze febbraio 2018.
  • Giusti E., Azzi L. “Neuroscienze per la psicoterapia”, Sovera, Roma, 2013                 
  • Onnis L.(a cura), “Una nuova alleanza tra psicoterapia e neuroscienze”, F. Angeli, Milano, 2015
  • Prunetti E, Mansutti F.,“La terapia basata sulla mentalizzazione (MBT), F. Angeli, Milano, 2013
  • Rizzolatti G., Sinigaglia C., “So quel che fai” Raffaello Cortina, Milano, 2006  
  • Shapiro F., “Lasciare il passato nel passato”, Astrolabio, Roma, 2012.
  • Siegel D: J.” Mappe per la mente”, Raffaello Cortina,Milano, 2014