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numero 48 - giugno 2017

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L'intervista

Intervista a Margherita Lang

Intervista a Margherita Lang

Lo Studio Associato A.R.P. di Milano è, come si legge sul sito web, "una struttura ambulatoriale che svolge attività di tipo diagnostico e terapeutico nell’ambito della salute psichica". Costituitosi nel 1992, è oggi un'importante realtà clinica, formativa e di ricerca privata, nota a livello nazionale. Cos'è e come funziona un consorzio (diremmo quasi un'"azienda") di professionisti della salute mentale, la cui storia ormai venticinquennale dimostra come si possano coniugare con successo libera professione, alta formazione, psicoterapia e psicodiagnostica avanzate e ricerca clinica? Lo chiediamo a uno dei soci fondatori, Margherita Lang.

 

D. Professoressa, lo Studio Associato A.R.P. è dal 1992 una realtà importante per la clinica e per la formazione in psicologia, non solo a Milano, dove ha sede. La prima domanda: A.R.P. sta per?

R. A.R.P. è l’acronimo di Associazione per la Ricerca in Psicologia clinica. In realtà, l’acronimo fa riferimento a due entità che hanno importanti sinergie: lo Studio Associato e l’Associazione. Quest’ultima è stata inclusa tra gli enti della ricerca scientifica ammessi al beneficio del MIUR a partire dal 2012. Storicamente nasce prima l’Associazione (1988) e successivamente lo Studio Associato (1992).

D. Cosa ha portato trent’anni anni fa un gruppo di psicologi clinici e di psichiatri ad associarsi? Qual era il vostro obiettivo e come sono cambiate le cose nel corso del tempo?

R. L’Associazione nasce come risposta alle esigenze di diversi clinici che appartenevano a realtà istituzionali differenti a) di “promuovere la ricerca di un modello di psicologia clinica più avanzato, partendo dal superamento non solo delle divisioni per scuole di pensiero, ma dello stesso ecclettismo”, come recita l’art.2 dello Statuto dell’Associazione, b) di svolgere attività formativa sia teorica sia tecnico-clinica e c) di fare ricerca. Il gruppo dei Soci Fondatori era costituito da persone che provenivano da differenti realtà istituzionali: il Centro di psicologia clinica della Provincia di Milano (Luisa Balestri, Sabba Orefice, Chiara Nosengo, Alessandro Vassalli, Carla M. Xella, Anna Maria Pandolfi) e la Casa di Cura Ville Turro (Franco Del Corno, Margherita Lang, Guido Taidelli). La dr.ssa Nosengo e il dr. Vassalli avevano una duplice appartenenza: la dott.ssa Nosengo lavorava anche per il Centro di terapia dell’adolescenza di Milano e il dr. Vassalli era uno dei fondatori del Centro per il Bambino Maltrattato (CBM).

Nell’arco di pochi mesi ci siamo resi conto che sarebbe stato molto più agevole per i pazienti afferire a un unico studio dove potersi avvalere di specialisti con diversa formazione. Nel 1992 abbiamo inaugurato lo Studio Associato A.R.P., che, per quei tempi, rappresentava una realtà anomala: rispetto agli Studi Associati di altri professionisti, infatti, includeva clinici con diversa formazione (neurologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e psicoterapeuti con differenti orientamenti).

Negli anni, alcuni Soci Fondatori hanno receduto dall’A.R.P. (A.M. Pandolfi, C.M. Xella, F. Del Corno e G. Taidelli) e sono stati cooptati nuovi Soci Ordinari (Elena Berselli, Deborah Colson, Salvatore La Viola, Antonella Pasqualini, Giovanna Cereda). L’assetto statutario è pertanto rimasto pressoché immutato. Oggi in A.R.P. Studio Associato collaborano 86 professionisti e A.R.P. Associazione è composta da 80 Soci.

Il razionale che ci aveva indotto negli anni ’90 a creare una nuova struttura era quello di rispondere in modo più adeguato alla realtà di quei pazienti che non necessitavano di un ricovero, ma avevano bisogno di un processo diagnostico, vale a dire di un percorso diagnostico che permettesse al paziente e alla sua famiglia (se necessario) di rilevare e circoscrivere l’ampiezza dei disturbi lamentati, attribuire loro un significato e individuare le possibili strategie di cui avvalersi per ridurre, modificare o eliminare – laddove possibile – le cause che provocano sofferenza. Un processo diagnostico permetteva quindi di pervenire a una “cura” costruita “su misura”, in cui si prevedeva – se necessario – il ricorso a terapie diverse: farmacologiche, psicologiche e riabilitative.

Il razionale che ha orientato le nostre scelte negli anni ’90, a mio parere, è ancora attuale. La nostra mission è rimasta quella di proporre ai pazienti una diagnosi e una “cura” (se necessario) che siano tailored per lui e i suoi familiari. Nel corso degli anni abbiamo ridefinito le caratteristiche del processo diagnostico per renderlo clinicamente sempre più efficace e abbiamo evidenziato la specificità del concetto di alleanza diagnostica oltre che i parametri che la differenziano dall’alleanza terapeutica. Infine, abbiamo continuato – e tuttora continuiamo – a lavorare e a fare ricerca per individuare un modello di psicologia clinica che risponda alle esigenze del paziente e ai principi di validità ed efficacia dei trattamenti.

D. Quali sono le attività che vengono svolte in A.R.P.?

R. La risposta a questa domanda è più facile se teniamo presente – come accennato prima – che l’A.R.P. è una realtà istituzionale composta da uno Studio Associato e da un’Associazione per la Ricerca. Allo Studio Associato fanno capo la pratica clinica e la formazione, all’Associazione l’attività di ricerca. L'A.R.P. è sede di tirocinio formativo per diverse Università e alcune scuole di specializzazione.

I clinici dello Studio Associato afferiscono ai diversi Servizi clinici presenti nella struttura (ad esempio, Bambini, Interventi, Alimentari, Trauma, Processo diagnostico, ecc.). I professionisti frequentemente hanno anche altre appartenenze, quali ospedali, ambulatori pubblici, servizi sul territorio e università. A mio avviso questa è uno dei valori aggiunti dello Studio Associato. I clinici fanno primi colloqui, consulti, visite a parere, supervisioni per il processo diagnostico, per la psicoterapia, per la diagnosi testologica, ecc. Alcune di queste attività sono svolte in sede. In altri casi hanno luogo presso la struttura che lo richiede (ad esempio, reparti ospedalieri, centri di riabilitazione, ecc.).

I corsi di formazione rispondono allo stesso slogansotteso all’attività clinica. Come la diagnosi deve essere utile per la persona che la riceve, così la formazione deve rappresentare un valore aggiunto (e non solo il raggiungimento della quota punti ECM!), sia per il clinico che è all’inizio del suo iter formativo sia per quello che ha maturato una significativa esperienza. Da qui il ricorso a) alla “visione guidata” dell’attività clinica e psicodiagnostica di clinici esperti, b) alla supervisione delle videoregistrazioni dell’attività dei clinici che frequentano i corsi, c) al lavoro in gruppo, d) alle discussioni con il tutor, ecc. Organizziamo pertanto seminari, percorsi formativi e gruppi di lavoro in merito ad argomenti differenti: dagli strumenti del processo diagnostico alle strategie per il trattamento, dalla formazione per operatori “giovani” a quella di clinici esperti che si confrontano con quadri psicopatologici complessi.

L’Associazione si occupa di ricerca – spesso in base anche ai dati clinici raccolti dallo Studio – e di diffondere la cultura psicologica organizzando incontri, seminari e presentazione di libri. In convenzione con altri Enti del privato sociale e/o del pubblico, l’Associazione realizza interventi di prevenzione in ambito psicosociale e, attraverso un fondo appositamente dedicato, eroga percorsi di cura a pazienti in difficoltà economica. La sinergia all’interno delle due entità si sviluppa grazie alla presenza e alla partecipazione degli stessi professionisti alle attività sia dello Studio Associato sia dell’Associazione.

D. Quali sono le principali richieste che ricevete?

R. Le persone che si rivolgono allo Studio Associato – colleghi e pazienti – rispecchiano la poliedricità dei professionisti che vi operano. I colleghi chiedono consulti per casi complessi o per pazienti il cui trattamento è in fase di stallo. La tipologia delle richieste dei pazienti è molto varia e la loro fascia di età è amplissima, a cominciare dalla prima infanzia fino alla terza età. Potrei dire che la nostra attività riguarda:

  • persone che chiedono conferma di una precedente diagnosi;
  • pazienti che vogliono comprendere per quali motivi il percorso psicoterapeutico precedente “non ha funzionato”;
  • pazienti pluritrattati alla ricerca di una diagnosi che permetta loro di comprendere le difficoltà sperimentate nell’arco della vita;
  • genitori disorientati dal comportamento a loro avviso inspiegabile del bambino/adolescente;
  • coppie con disagio emotivo e/o con un’elevata conflittualità;
  • adulti che sono stati bambini/adolescenti con diagnosi di disturbi del neurosviluppo – per esempio, DSA e/o ADHD/ADD – e il disturbo, nonostante la sintomatologia sia cambiata, continua a incidere sulla qualità della loro vita;
  • persone con difficoltà relazionali irrisolte conseguenti a un’ottima dotazione cognitiva che li fa sentire paradossalmente inadeguati rispetto al gruppo dei pari;
  • pazienti portatori di traumi semplici o complessi, lutti complicati, disturbi dissociativi trauma-correlati;

…e molti, molti altri ancora…

D. Qual è il valore aggiunto che il lavoro sinergico di più professionisti offre al cliente? Quali sono le vostre complementarietà?

Inevitabilmente ogni professionista sviluppa una rilevante expertise in alcune aree specifiche, mentre altre sono oggetto di minore attenzione. Il lavoro in équipe permette di avere a disposizione – e di poter integrare – le competenze dei colleghi che hanno esperienze, professionalità e punti di vista differenti. Di conseguenza possiamo essere maggiormente incisivi da un punto di vista prettamente clinico. Le nostre équipe – o i Servizi clinici come abitualmente li denominiamo – sono formate da professionisti con specializzazioni diverse (psicologi, psicoterapeuti di diverso orientamento, psicoanalisti, psichiatri, neuropsichiatri, endocrinologi, logopedisti, psicodiagnosti, ecc.) e con competenze specifiche per le diverse fasi della vita (prima infanzia, età evolutiva, adolescenza, adulti, terza età). 

D. A.R.P. è un grande studio clinico: qual è la ricetta del vostro successo?

Il lavoro di squadra e una grande attenzione da parte di tutti gli operatori a fornire una “cura” che sia ottimale per la persona che si rivolge alla struttura. Fin dagli anni ’90, i clinici che lavorano in A.R.P. “sottraevano” all’attività clinica con i pazienti alcune ore alla settimana e le dedicavano alla discussione in équipe di casi che risultavano complessi e problematici. A quella riunione partecipavano tutti i professionisti dello Studio Associato. Ancora oggi manteniamo questa impostazione: alla discussione del caso partecipano – se e quando necessario – operatori con diverse competenze (non solo psicologi e psichiatri, ma neurologi, endocrinologi, pediatri, dietisti, riabilitatori, ecc.).

Il continuo aggiornamento e la molteplicità delle formazioni personali dei singoli professionisti hanno reso possibile che, a partire da una formazione come psicoanalisti (SPI e IPA) o sistemico-relazionali dei Soci Fondatori, oggi convivano e si integrino in A.R.P. numerose specializzazioni diverse (ad esempio, sensory-motor, EMDR, ACT, ecc.).

D. Come si diventa “soci” di A.R.P.?

R. All’interno dello Studio Associato convivono diverse figure istituzionali: Soci Fondatori, Soci Ordinari, Associati, Collaboratori e Allievi. L’organizzazione dello Studio e le modalità di ammissione di nuovi Soci e Collaboratori sono disciplinate da un Regolamento che stabilisce, tra le altre, anche le norme di comportamento e i confini dell’impegno, non in via esclusiva, di tutte le figure presenti all’interno della struttura.

Ai Soci Fondatori spetta l’organizzazione e la supervisione dell’attività clinica, la scelta di nuovi Soci, dei Collaboratori e l’organizzazione dell’attività formativa. I Soci Ordinari sono nominati per cooptazione dall’assemblea dei Soci Fondatori e tra i criteri di scelta, oltre alle qualità strettamente professionali e alla produttività, sono fondamentali la capacità di lavorare inteam e la fattiva collaborazione all’attività didattica, istituzionale, scientifica e formativa. I Collaboratori sono nominati dall’Assemblea dei Soci (Fondatori e Ordinari). Si tratta di colleghi che svolgono attività clinica per conto dello Studio Associato. Ogni anno l’Assemblea dei Soci conferma la nomina dei Collaboratori in base all’attività clinica svolta in A.R.P. e alla loro partecipazione alle équipe cliniche dello Studio Associato. Gli Associati sono Collaboratori che l’assemblea dei Soci ha ritenuto abbiano dimostrato competenza clinica e notevole impegno a favore dello Studio Associato. Gli Allievi sono giovani psicologi che partecipano a una formazione teorico-pratica che può dare loro l’accesso al ruolo di Collaboratore.

D. Spesso si sente parlare, a proposito dei neolaureati in psicologia, della “sindrome del non formato”. Di cosa, secondo Lei, hanno paura i giovani che vogliono intraprendere la professione in ambito clinico?

R. I giovani sono giustamente preoccupati per due motivi. L’insegnamento nelle università spesso ha un ottimo livello scientifico, ma è poco professionalizzante. I periodi di tirocinio previsti non rispondono alla necessità di acquisire una buona pratica.  Questo significa che la conoscenza della psicopatologia è quella appresa nelle aule universitarie e quindi è solo teoria: mancano spazi adeguati per osservare l’interazione tra clinico e paziente e per imparare la clinica. Nelle strutture territoriali gli operatori sono talmente oberati che nella maggior parte dei casi hanno pochissimo spazio da dedicare alla formazione dei futuri colleghi.

D. I giovani psicologi sono interessati alla psicodiagnostica?

Dipende. Spesso gli studenti che si iscrivono alla Facoltà di Psicologia hanno in mente un’impropria equivalenza tra psicologo e psicoterapeuta. Una delle domande che gli studenti si pongono con maggior frequenza è quale sia il trattamento “migliore”.  Quando lo psicologo non si fa catturare dal fascino della terapia, si rende conto che prima di dare un’indicazione per un trattamento bisogna formulare delle ipotesi cliniche e queste ultime devono essere oggetto di verifica. La psicodiagnostica può essere un importante ausilio nel confermare o disconfermare le ipotesi sottese alla formulazione della diagnosi.

D. La diagnosi: un aspetto tanto importante nella salute mentale quanto dibattuto; fare diagnosi vuol dire dare risposte, ma anche mettere etichette. Come può essere intesa la diagnosi al giorno d’oggi?

R. La diagnosi è una etichetta ogni qualvolta la si impiega in maniera avulsa dalla realtà del paziente. Mi verrebbe da affermare che la diagnosi è una etichetta quando è inutile per il paziente e per la sua famiglia e risponde a necessità solo classificatorie. Credo sia improprio parlare – come spesso avviene – di etichette diagnostiche facendo riferimento ai sistemi di classificazione Nosografico-Descrittivi (DSM e ICD). Il termine diagnosi, oggi, deve essere riferito a una valutazione del funzionamento tipico e atipico della persona, finalizzata a rilevare i cambiamenti – transitori o permanenti – che si verificano nel corso della vita.