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numero 63 - dicembre 2018

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Il valore generativo della fiducia

Il valore generativo della fiducia

In questa fine anno, vorrei chiudere il 2018 e aprire il 2019 all’insegna di una parola molto significativa e declinabile in molti ambiti, su una scala micro fino ad una scala macro, controversa, difficile eppure affascinante e potentissima: FIDUCIA.
Come in gioco di esplorazione bambina vado alla ricerca della sua etimologia. Il termine viene dal latino fides e richiama il concetto di fede, rinviando ad una scelta religiosa e quindi a qualcosa di strettamente privata e valoriale. Questa accezione del termine rende pertanto difficile una applicazione immediata nell’ambito delle relazioni e del mondo professionale. Eppure c’è una prospettiva complementare a questa interpretazione molto interessante che viene dal mondo anglosassone, in cui termine fiducia viene reso con la parola trust che deriva dal germanico trost che significa nodo, quindi richiama un concetto di vicinanza, qualcosa che lega e tiene insieme e che quindi reputo possa essere più pertinente ad una applicazione concreta e immediata, nell’ambito della vita personale e professionale delle persone.
Cosa significa fiducia? Sbirciando dalla enciclopedia Treccani online: “Atteggiamento, verso altri o verso se stessi che risulta da una valutazione positiva dei fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità”. E ancora “nutrire una aspettativa positiva verso qualcosa o qualcuno”, “credere, dare credito a qualcosa e a qualcuno”.
S. Covey (2016) nel volume Speed of trust la definisce una variabile la cui presenza cambia tutto, “una cosa che accomuna ogni individuo, relazione, squadra, famiglia, azienda, nazione, economia e civiltà, una cosa che, se eliminata, distrugge il governo più potente, il business di maggior successo, l’economia più fiorente, la leadership più influente, la più grande amicizia, il carattere più forte, l’amore più profondo”.
Come si manifesta? Mi piace l’idea veicolata da Rossi (2008) che paragona la fiducia ad un edificio.
Il building della fiducia è una casa nelle cui fondamenta troviamo la fiducia intesa in senso psicologico quella che Erikson definisce fiducia di base, quella fiducia intesa come base della personalità evoluta che nasce dalla risoluzione del conflitto tra fiducia e sfiducia di base nel primo anno di vita e strettamente legata alla figura di accudimento.
Da questa base passiamo alla fiducia autoriflessiva e relazionale che per analogia mi fa pensare alla teoria delle posizioni esistenziali di Harris (2000) che descrive come tu ti vedi e vedi gli altri.
Ti vedi ok e vedi gli altri ok? Riconosci in te aspetti di positività e capacità così come li vedi negli altri? Allora presumibilmente sceglierai modalità relazionali cooperative simmetriche quello che S.Covey nella relazione chiama win win.
Diversamente potrebbe capitarti di sentirti “ok” ma avere la tendenza a svalutare l’altro “ok-non ok” e questo potrebbe portarti a delle modalità aggressive o prevaricanti win lose oppure a considerare gli altri meglio di te a vedere le loro risorse non vedendo le tue, mettendoti in una modalità relazionali passiva lose win. Oppure a non vedere le tue risorse e non voler vedere neppure quelle degli altri… siamo nella posizione “non ok non ok” e quindi nella scelta relazionale e comportamentale lose lose.
Credo che su questo piano direttamente e in prima persona ciascuno di noi abbia una grande responsabilità-opportunità.
La responsabilità nel vedere come funzioniamo e nello scegliere se questo ci fa stare bene o meno nella nostra vita e nelle nostre relazioni, e poi l’opportunità di scegliere e intraprendere un percorso di miglioramento e di scegliere ogni volta, in ogni scambio e in ogni relazione che partita vogliamo giocare.
Ogni volta che ci troviamo in relazione con una persona, mi capita spesso di confrontarmi su questo nelle varie attività di training e consulenza, abbiamo una scelta da fare indipendentemente dall’approccio della persona che abbiamo di fronte e un investimento da fare. Anche nei casi più difficili in situazioni manageriali o di vita personale quando si investe in fiducia… si ha il coraggio di fare il primo passo dando fiducia… i ritorni arrivano. Provare per credere.
Vi auguro di credere nella FIDUCIA e conseguentemente di fare un investimento di FIDUCIA su di voi, sulle vostre relazioni e sull’anno che ci aspetta!

Bibliografia

  • Rossi, S. (2008). Fiducia e cooperazione: Edizioni Goliardiche. 
  • Covey, S. (2016). La velocità della fiducia. Milano: Franco Angeli. 
  • Harris, T.A (200). Io sono ok, tu sei ok. Harper.