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numero 44 - febbraio 2017

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Come sta cambiando la visione del test nei processi di selezione: buone pratiche ed errori da evitare

Come sta cambiando la visione del test nei processi di selezione: buone pratiche ed errori da evitare

Negli ultimi due anni abbiamo visto un incremento sempre più marcato di richieste di test da inserire nei processi di selezione. In questo articolo, l’obiettivo è di formulare delle riflessioni relativamente al significato e al ruolo che i test assumono in diversi tipi di selezione basandoci sulla nostra esperienza.

 Vediamo più da vicino alcuni dei contesti in cui possono essere applicati i test in selezione e le relative finalità.

  1. Grandi selezioni: avevamo trattato il tema delle grandi selezioni in un precedente articolo. In questo caso si ha spesso a che fare con grandi numeri e con persone esterne all’organizzazione che intraprendono una selezione per entrare a farne parte.
  2. Selezioni interne: qui i numeri possono variare i base al tipo di percorso di selezione che viene effettuato. Spesso le selezioni interne sono finalizzate alla progettazione e alla realizzazione di percorsi di carriera.

In questi contesti, il test assume spesso connotazioni e finalità diverse con relative implicazioni sia di ordine organizzativo che decisionale.

Grandi selezioni

Il contesto è quello di un numero, spesso elevato, di persone sconosciute all’azienda che intraprende un percorso per entrare a far parte di una specifica realtà organizzativa. Spesso, la finalità è di screening, ossia di ridurre il numero iniziale di candidati a uno più ristretto. Superata la fase di screening c’è poi una seconda fase, in cui sono spesso utilizzati altri test, la cui finalità non è più quella di screening ma, maggiormente, di tipo conoscitivo.

Fino a qualche anno fa era usuale vedere applicare test per finalità di screening, ma negli ultimi anni stiamo osservando un maggiore utilizzo di test standardizzati (molte volte da integrare con altre prove di assessment) anche in fasi successive, cosa che, invece, prima avveniva meno frequentemente.

La riflessione che abbiamo fatto rispetto a questo cambiamento è legata al mutare degli scenari socioeconomici degli ultimi anni. Sbagliare una selezione prima dell’avvento della crisi economica aveva probabilmente un impatto minore rispetto al commettere un errore durante la fase di crisi economica. Organizzare una grande selezione significa mettere in moto un processo costoso in termini di tempo, denaro e organizzazione interna. Compiere un investimento che richiede energie e che si rivela sbagliato porta a conseguenze negative, il cui impatto sicuramente si è fatto e si fa sentire nelle organizzazioni.

Una fase conoscitiva più approfondita, quindi, diventa un modo per cercare di ridurre al minimo i rischi di errori. Tuttavia, ciò che può essere di ostacolo a questa prospettiva è il carico di ansia che c’è dietro e, in questo senso, il test rischia di diventare una sorta di “ansiolitico” o di “strumento magico” che protegge dagli errori. Sebbene i test standardizzati siano un importante e utile strumento di lavoro per approfondire le caratteristiche delle persone, presi da soli e senza un’adeguata lettura critica non possono garantire la certezza di mancati errori (ricordiamoci sempre poi che la misurazione in psicologia è una misurazione indiretta che si basa sull’inferenza).

In questi casi è fondamentale creare un clima di collaborazione e sintonia con il cliente per capire bene, fuori dai denti e con la massima onestà, quali sono gli obiettivi, ma anche i vincoli, le paure, le ansie, ecc. Tutto ciò che può essere di ostacolo deve essere chiarito; i non detti sono ostacoli micidiali nei progetti di consulenza. Il consulente, d’altro canto, deve essere estremamente trasparente e affidabile, pronto a gestire anche situazioni spiacevoli; ricordiamo il caso di un candidato a una selezione che, risalendo a noi per una fuga di notizie in sede del committente, ci contattò in azienda per avere informazioni sui test di selezione che avrebbe fatto. In quel caso è necessario comprendere subito la situazione e avvisare immediatamente il committente.

Per quella che è la nostra esperienza, un vincolo importante è rappresentato dal tempo; spesso tra quando una società di consulenza vince una gara per una grande selezione e l’inizio della selezione i tempi sono davvero strettissimi, così è necessario svolgere il lavoro di progettazione, sviluppo test, produzione (talvolta le quantità richieste non sono immediatamente disponibili) e logistica (perché i test carta e matita devono essere spediti presso la sede della selezione e anche questo ha un’implicazione in termini di tempi) in tempi molto rapidi.

Una volta terminata la fase di screening si passa alla fase di approfondimento con valenza conoscitiva. I questionari di personalità diventano importanti; tuttavia, negli ultimi anni si assiste anche a un incremento di altri tipi di questionari come, ad esempio, prove di autovalutazione sulle dimensioni legate alla positività o al senso di autoefficacia. Questo perché, in anni difficili come questi, il senso di autoefficacia e la capacità di guardare al futuro con serenità hanno avuto un forte impatto nei percorsi di sviluppo delle persone.

Selezioni interne

Nelle selezioni interne, invece, i candidati sono persone già note all’azienda che intraprendono percorsi di assessment interni finalizzati, di solito, allo sviluppo di carriera. In alcuni casi, successivamente all’assessment, c’è un passaggio immediato alla nuova posizione attraverso un training on the job; altre volte le persone selezionate vengono inserite in percorsi formativi più o meno lunghi al termine dei quali, se non ci sono ostacoli, la persona va a ricoprire la nuova posizione.

Nei casi di selezioni interne, gli assessor devono, generalmente, tenere conto di più informazioni rispetto a quanto avviene nelle selezioni su candidati esterni. Le informazioni di cui tenere conto possono essere di diverso tipo e, talvolta, profondamente legate al contesto e alla cultura aziendale di appartenenza. Per fare alcuni esempi: l’anzianità nella posizione ricoperta, il numero di persone coordinate, il tipo di legame che c’è tra la persona e il suo gruppo di lavoro (non sono così rare resistenze al cambiamento dovute all’idea di approcciarsi, magari dopo tanti anni, a un nuovo gruppo di lavoro), eventuali note disciplinari, eventuali elogi o premi ricevuti, esigenze specifiche della persona (ad esempio geografiche) oppure le ambizioni personali vissute all’interno dell’azienda.

Inoltre, quando l’azienda conosce già le persone che andrà a valutare, può esserci il rischio di doversi confrontare con pregiudizi (abbiamo sentito frasi come “lui è il migliore”, “lui ha i requisiti per partecipare alla selezione ma è famoso per la sua ansia”, ecc). In questi casi sarà molto importante che l’assessor tenga conto di queste distorsioni.

Le selezioni interne hanno, di solito, numeri di candidati più bassi rispetto alle selezioni interne, motivo per cui può esserci maggiore disponibilità a condurre più test con finalità conoscitiva piuttosto che di screening. Le prove attitudinali giocano spesso ruoli da protagoniste, perché generalmente misurano capacità di ragionamento globale utile per molte posizioni; inoltre, essendo caratterizzate da una struttura a risposte corrette ed errate, è più facile creare regole chiare e solide per eventuali sbarramenti.

Generalmente i test vengono completati in unica sessione (difficilmente le ore dedicate alla somministrazione dei test sono più di due) e segue, di solito il giorno stesso o nei giorni immediatamente successivi, la sessione relativa ad altre valutazioni (prove individuali, dinamiche di gruppo, incident case, leaderless group discussion, colloqui individuali, ecc).

Un aspetto di cui tenere conto quando si vanno a somministrare test per le selezioni interne, è la comunicazione ai destinatari per l’assessment. Le persone, infatti, vanno spesso a fare prove che sono diverse (per natura e contenuto) dal lavoro che sono solite svolgere in azienda; pertanto, per migliorare la validità di facciata, è opportuno comunicare sempre al meglio il motivo dell’assessment, gli obiettivi, la tipologia di prove e perché si sono scelte quelle prove. In questo modo le persone corrono meno il rischio di prendere parte a una valutazione vissuta come “strana”, lontana dalla realtà o poco aderente al ruolo. Si consiglia sempre di chiedere, poi, dei feedback ai candidati (generalmente prima di iniziare il colloquio individuale) su come è stato vissuto l’assessment.

In conclusione

In generale, quindi, che si parli di grandi selezioni o di selezioni interne, quello che si nota è una maggiore attenzione alla scelta dei test con l’obiettivo di scegliere quegli strumenti che consentano un maggior approfondimento mirato della persona. Inoltre, sempre di più le aziende si predispongono per poter gestire le somministrazioni dei test in modalità online così che i tempi di lavorazione per lo scoring e la redazione dei profili siano ridotti.