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numero 96 - aprile 2022

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Big Five di personalità e abilità di ragionamento in psicologia del lavoro

Big Five di personalità e abilità di ragionamento in psicologia del lavoro

I costrutti di personalità hanno una lunga tradizione teorica e applicativa nella storia della psicologia, che spazia in diversi ambiti, da quelli maggiormente clinici e di valutazione a quelli applicati a contesti di selezione.
Allo stato attuale, la teoria dei Big Five, ovvero dei cinque fattori della personalità, è considerata come la teoria che spiegherebbe meglio le differenze individuali tra i soggetti. La teoria dei Big Five individua cinque “tratti” o caratteristiche di personalità, difficilmente modificabili, che influenzano in modo stabile il comportamento dell’essere umano. La personalità sarebbe quindi l’esito dei vari tratti che influenzano il comportamento di un individuo. I cinque fattori individuati dalla teoria dei Big Five sono: Estroversione (E), Amicalità (A), Coscienziosità (C), Nevroticismo (N), Apertura all’esperienza (O).
L’utilizzo di strumenti derivati da queste teorie è stato applicato a numerosi ambiti, ma in questa sede, verrà approfondita la loro applicazione nel campo delle risorse umane e della selezione del personale. Infatti, strumenti di misura della personalità sono utilizzati da diverso tempo nella selezione del personale (Ryan & Ployhart, 2014; Kanfer et al., 1995) allo scopo di individuare le persone adatte a ricoprire una certa mansione lavorativa: in alcuni studi è stato dimostrato il forte potenziale predittivo che la personalità può avere sulle differenze individuali, nel successo relativo alla carriera lavorativa (Schmitt, 2013).
Quando i datori di lavoro fanno inferenze sulla capacità di un candidato di svolgere e portare a termine un lavoro, si concentrano non solo sulle sue capacità, ma anche sulla sua motivazione e sulle sue competenze (Hogan et al., 2013), il che rende la personalità un fattore determinante per l'assunzione di un candidato.
In effetti, la personalità è un indicatore importante dell'efficacia personale di un individuo, del modo in cui interagisce e si rapporta con gli altri (Heggestad e Morrison, 2008); è anche un predittore del successo soggettivo della carriera, influenzando il modo in cui si tende a valutarla (Ng et al. 2005). Ciò si associa coerentemente con la scoperta che la personalità rappresenta una quantità sostanziale di variabilità interindividuale nel benessere soggettivo e nella felicità (Chamorro-Premuzic et al., 2007). Nonostante ciò spesso è difficile associare i tratti di personalità alle prestazioni lavorative a causa degli effetti probabilmente non lineari di questa (Le et al., 2011; Hogan e Holland, 2003): ad esempio, le persone troppo coscienziose hanno maggiori probabilità di mostrare livelli controproducenti di procrastinazione e comportamenti di lavoro ossessivi, oltre a seguire rigidamente le regole; mentre le persone con livelli di nevroticismo molto bassi potrebbero non provare i livelli di preoccupazione necessari per ottenere buoni risultati (Ferguson et al., 2014).
In letteratura sono stati pubblicati molti contributi che cercano di analizzare la relazione tra personalità e abilità di ragionamento. Ad esempio, diversi studi riportano che, secondo il modello di personalità dei Big Five, ad un elevato punteggio di Apertura si associa un migliore funzionamento cognitivo (Costa & McCrae, 1992). La maggior parte di questi studi ha utilizzato strumenti self-report per la misura della personalità; nonostante ciò, bisogna tenere in considerazione il fatto che nell’ambito delle risorse umane stanno acquisendo sempre maggiore importanza i test situazionali (Lievens, Peeters e Schollaert, 2008): la forza dei test situazionali sta nel fatto che mostrano una maggiore validità rispetto ai test di abilità cognitiva e di personalità e che tendono ad avere minori effetti discriminatori rispetto alle minoranze. Questi in genere hanno anche un’elevata validità di facciata, e le persone cui vengono somministrati reagiscono bene.
Per questo motivo, è sorto l’interesse di indagare la relazione tra i Big Five di personalità misurati attraverso un test situazionale, appositamente costruito per essere applicato nel contesto delle risorse umane, e l’abilità di ragionamento astratto. Questa particolare forma di abilità di ragionamento rappresenta la capacità di pensare in modo logico e di risolvere problemi in situazioni nuove. Riflette l’abilità di identificare delle relazioni tra un insieme di dati. In altre parole, bassi livelli di ragionamento astratto limitano il potenziale per nuovi apprendimenti. Strumenti per la misura di questa forma di ragionamento sono particolarmente utili nel contesto delle risorse umane, dato che permettono di avere delle previsioni della performance lavorativa.

Lo studio

Il campione che ha preso parte allo studio è composto da 30 lavoratori e lavoratrici di età compresa tra i 23 e i 69 anni (M = 37.63 ± 17.82 anni) equamente distribuiti per genere (femmine = 53.3%); il 60% dei partecipanti aveva meno di 30 anni, la maggior parte proveniva dal Nord Italia (76.7%).
Sono stati somministrati due differenti strumenti: un test situazionale per la misurazione della personalità attraverso il modello dei Big Five e  il Cattell’s Fluid Intelligence Test – Human Resources (CFT-HR) per valutare le abilità di ragionamento astratto.
I risultati hanno mostrato come l’abilità di ragionamento astratto fosse positivamente correlata in modo statisticamente significativo con i punteggi di Stabilità emotiva (r = .15, p<.05), di Estroversione (r = .14, p<.001) e di Coscienziosità (r = .26, p<.001).
In sintesi, quindi, sono state evidenziate delle deboli correlazioni, seppur statisticamente significative, tra tre tratti di personalità e le abilità di ragionamento astratto confermando l’ipotesi di partenza. In letteratura, infatti, si hanno risultati simili soprattutto quando la personalità è misurata con test di performance (Woo et al., 2014; Murphy e Hall, 2011; Rosete e Ciarrochi, 2005). La bassa forza delle correlazioni potrebbe essere spiegata dal fatto che personalità e intelligenza spiegano aspetti separati di risultati relativi alla carriera (Chamorro-premuzic e Arteche, 2008; Roberts et al., 2007; Higgins et al., 1999): per esempio, personalità ed intelligenza si combinano per prevedere le competenze relative al lavoro (Ullen et al. 2015), le prestazioni lavorative, l’efficacia della leadership (Cavazotte et al., 2012), il successo imprenditoriale (Markman e Baron, 2003), le valutazioni di competenza (Bartram, 2015; Dunn et al., 1995).
Inoltre, ciò potrebbe dipendere dal ridotto numero di partecipanti sul quale è stato condotto questo studio.

Per concludere, questo lavoro fornisce un primo contributo esplorativo allo studio della relazione tra tratti di personalità, indagati con test situazionali basati sul modello dei Big Five, e le abilità di ragionamento astratto mostrando, seppure con un ridotto campione di comodo non rappresentativo della popolazione italiana, che le relazioni vengono confermate anche utilizzando un test situazionale per l’indagine delle personalità. La forza delle relazioni osservate, quindi, conferma la necessità di utilizzare strumenti per l’indagine di entrambi i costrutti all’interno del contesto delle risorse umane, per avere una visione più chiara del funzionamento delle persone.

Bibliografia

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