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numero 13 - dicembre 2013

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L'intervista

Intervista a Riccardo Bettiga

Intervista a Riccardo Bettiga

Riccardo Bettiga è Consigliere Tesoriere dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia e uno dei promotori ed animatori dell’iniziativa Biblioteca dei Test, la prima del genere in Italia, che l’OPL ha avviato a settembre di quest’anno. Gli psicologi lombardi hanno oggi l’opportunità di consultare, presso la sede dell’Ordine a Milano, gli strumenti messi a disposizione dagli editori che hanno aderito all’iniziativa, e di partecipare a serate di presentazione organizzate dagli editori stessi, così che i test sono adesso veramente a portata di mano del professionista.
Con lui parliamo non solo del successo di questa iniziativa a distanza di tre mesi, ma anche del ruolo che un Ordine può avere nel promuovere la formazione e le competenze dei propri iscritti in fatto di testistica.

D. Il test è una delle tecniche per eccellenza che gli psicologi hanno a disposizione per la loro pratica professionale. Per quella che è la sua esperienza, come considera l'utilizzo attuale dei test da parte degli psicologi? È una tecnica sufficientemente e opportunamente applicata?

R. Il confronto con un gran numero i colleghi, sia in sede di supporto e orientamento professionale, sia in sede disciplinare, mi ha mostrato in questi anni le serie criticità che esistono in merito alle competenze e all’utilizzo dei test nella nostra comunità professionale. In prima battuta potrei dire che alcuni conoscono bene pochissimi strumenti o utilizzano da anni sempre gli stessi, senza considerare l’evoluzione scientifica, le novità o gli adeguamenti offerti dal mercato. Altri hanno una diffidenza timorosa verso i test e preferiscono affidarsi alla propria sfuggente “attitudine clinica”, altri ancora dichiarano semplicemente: “I test? Io non li uso…”. Vi è poi da considerare, all’opposto, un rischio sempre possibile, e cioè che il professionista si avvalga di uno strumento psicometrico quale che sia (proiettivo, semiproiettivo, di livello e così via) e vi si “abbandoni” totalmente e univocamente, dando così vita ad un processo di isolamento e deresponsabilizzazione (“Dai test risulta che… Io non posso fare altro che prenderne difensivamente atto”).
Ho quindi l’impressione di una diffusa mancanza di consapevolezza in merito alle potenzialità e all’utilità stessa degli strumenti psicodiagnostici che ne limita la ricerca e l’uso già in partenza.  Il problema quindi è a monte, prima di un utilizzo più o meno competente, esiste un problema culturale in merito al test stesso come strumento. Potremmo dire che esiste una “questione psicodiagnostica” da affrontare a livello della comunità degli psicologi.

D. Che differenze vede, nell'uso dei test, fra psicologi clinici e del lavoro?

R. Nella clinica sicuramente l’uso dei test è più limitato rispetto all’impiego che ne viene fatto nel mondo del lavoro e delle organizzazioni.  L’uso limitato, in questo primo caso, è però basato in gran parte su strumenti solidi e rigorosi ed è legato a specifici percorsi di formazione o specializzazione.  Nel mondo della psicologia del lavoro esiste molta più improvvisazione e autoreferenzialità. Spesso molti strumenti e tecniche sono costruiti senza sufficiente validazione, autoprodotti e quindi nella sostanza inaffidabili e inadeguati. Più precisamente dovrei dire: non funzionali ad esprimere quella “misura obiettiva e standardizzata” che dovrebbe essere missione principe di ogni strumento psicometrico.
In psicologia del lavoro, le aree di intervento che usualmente richiedono l’impiego di test, riguardano da un lato la selezione del personale e dall’altro operazioni di riconversione interna, di sviluppo organizzativo.
Nel primo come soprattutto nel secondo caso, i vincoli deontologici e la natura della committenza imporrebbero al professionista (psicologo) la necessità di render conto sistematicamente dei motivi per i quali è cosa opportuna l’impiego proprio di quel determinato strumento psicometrico. In più, considerando che nelle aziende e nei contesti organizzativi un qualsiasi intervento di questa natura non potrebbe prendere il via senza il consenso delle rappresentane sindacali, ecco l’importanza di essere in grado e di predisporsi ad una specifica azione informativa dedicata ai committenti, ai soggetti direttamente coinvolti e ai delegati sindacali di categoria.
Il mio rilievo e la mia risposta a questa domanda non sono futili critiche negative ma vogliono essere soprattutto un appello ai colleghi ad appoggiarsi a degli strumenti di livello, costruiti con soliti criteri scientifici, validi e affidabili, in ogni area della pratica professionale.

D. All'Ordine della Lombardia avete da pochi mesi avviato una biblioteca di test aperta a tutti gli iscritti, con l’obiettivo di permettere agli psicologi lombardi di visionare finalmente, con facilità e gratuitamente, gli strumenti psicodiagnostici. Come è nata questa idea?

R. L’idea è nata “dal basso”. Una giovane psicologa qualche tempo fa scrisse all’amico e collega (consigliere OPL) Luca Mazzucchelli chiedendo se all’Ordine non fosse possibile fare degli incontri ove parlare di psicodiagnosi, vedere i test senza il bisogno di comprarli a scatola chiusa o confrontarsi sulle scelte ove investire. Partendo da questo appello io e Mazzucchelli abbiamo accarezzato l’idea di dedicare a questo scopo una sala della sede e abbiamo iniziato a lavorare duramente per convincere il Consiglio a darci seguito in questa impresa.  
I cambi di maggioranze in OPL e la mia elezione a Tesoriere dell’Ordine sono stati gli elementi che hanno permesso a questa idea di divenire realtà. Avviando un grande piano di risparmio e il recupero di diverse decine di migliaia di euro di crediti che l’Ordine vantava nei confronti di colleghi che non pagavano da anni le quote di iscrizione, ho avuto a disposizione un capitale economico straordinario per avviare un rinnovamento anche strutturale della sede. Con l’appoggio della nuova maggioranza del Consiglio il progetto di realizzare una piccola sala da dedicare ai test in breve è diventato un progetto di ristrutturazione e ammodernamennto globale, la piccola sala è diventata una biblioteca e l’Ordine ha iniziato ad aprirsi alla comunità professionale diventando uno spazio vivo di confronto con e fra i colleghi lombardi.
L’idea è cresciuta e si è strutturata poi grazie alla collaborazione e all’adesione entusiastica delle case editrici e il risultato è andato molto oltre il sogno iniziale.

D. Come giudica il successo dell'iniziativa, che comprende anche la possibilità che gli editori di test presentino le proprie novità, a distanza di quasi tre mesi? C'è l'interesse che vi attendevate?

R. La ritengo una negoziazione ben riuscita: l’Ordine, i colleghi e gli editori hanno ottenuto e ottengono con questo accordo reciproci vantaggi. Una perfetta logica win win
L’Ordine offre agli iscritti un servizio di orientamento e formazione gratuiti; i colleghi hanno un luogo garantito e tutelante ove chiedere, scoprire e crescere; le case editrici hanno un accesso preferenziale ai loro diretti clienti. Tutto ciò porta a un aumento della diffusione di strumenti che innalzano la qualità e le potenzialità degli psicologi e di riflesso di tutta la categoria.
Tre mesi ci hanno dato già la prova che questa è stata un’idea vincente.
Gli eventi di presentazione degli strumenti, realizzati dalle case editrici, stanno raggiungendo sistematicamente il numero massimo di iscrizioni e i colleghi mi scrivono spesso per esprimere apprezzamento e interesse. La comunità professionale parla molto e si interessa molto di test, quindi in sintesi, siamo decisamente oltre le più rosee aspettative.

D. Ritiene che anche altri Ordini regionali vi seguiranno in questa iniziativa della biblioteca dei test?

R. L’Ordine della Lombardia è stato spesso un anticipatore di iniziative di successo che hanno poi visto gli altri Ordini seguirci e avviare iniziative consimili. Sono certo che anche in questo caso succederà lo stesso.
Da parte nostra non ci aspettavamo che l’eco della nostra iniziativa potesse superare i confini regionali già nell’arco di pochi giorni dalla sua presentazione e potesse assurgere in breve a “buon esempio” per tutti.
Detto ciò, al di là degli aspetti mediatici, di meriti, di plausi o di interesse politico propagandistico, io credo con tale convinzione nella bontà di questa iniziativa che spero tanto possa essere seguita e imitata davvero da tutti quanti.

D. Ordine e università, professione e formazione: due mondi che dovrebbero compenetrarsi l'uno nell'altro, in un’ottica di una sempre maggiore professionalizzazione degli psicologi. Come stanno effettivamente le cose in Italia?

R. Ad oggi esiste un divario ancora profondo fra il mondo della professione e quello della formazione. Già due anni fa ho lavorato in prima persona presso l’Ordine a un tavolo di incontro con i Presidi e Direttori di dipartimento di tutti i corsi di Laurea in psicologia della Lombardia per avviare un processo di raccordo con la professione.  L’Ordine, “termometro” della pratica, e l’Università, artefice della formazione professionale, non possono e non devono muoversi in modo slegato, questa era ed è l’idea.
Nelle mie prospettive future vorrei realizzare un vero e proprio Osservatorio sulla Professione che strutturi questo incontro necessario fra le due realtà.  Un spazio di lavoro, un “cantiere” che potrebbe permettere alle accademie di tarare l’offerta formativa in modo più mirato e attualizzato, e all’Ordine di direzionare le proprie azioni e i propri servizi in modo scientifico.
Le lacune formative in ambito psicodiagnostico (nelle dimensioni cliniche come nelle dimensioni specifiche della psicologia del lavoro) sono comunque uno dei temi importanti che a nome dell’Ordine ho evidenziato e posto nel tavolo di cui sopra e sono certo che, pur essendo stato questo un piccolo passo iniziale, a livello lombardo nessuno resterà insensibile a questo segnale.

D. Cosa, gli editori di test, potrebbero o dovrebbero fare di più per diffondere la cultura del testing fra gli psicologi?

R. A mio parere esattamente quanto stiamo facendo assieme nella Biblioteca dei test dell’Ordine. La disponibilità a realizzare degli incontri di avvicinamento agli strumenti psicodiagnostici e l’incontro e il lavoro congiunto con gli Ordini professionali rappresentano il primo passo per avviare il cambiamento culturale.
Accanto a ciò l’attenzione a equilibrare le esigenze del mercato con una costante attenzione alla commercializzazione di prodotti di alto livello scientifico.
A questa domanda stiamo rispondendo coi fatti, no?