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numero 40 - settembre 2016

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Disturbo dello Spettro Autistico: segni precoci e diagnosi

Disturbo dello Spettro Autistico: segni precoci e diagnosi

Caratteristiche generali ed espressività del Disturbo dello Spettro Autistico

I Disturbi dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder, ASD) sono caratterizzati da due criteri: 1) deficit socio-comunicativo; e 2) presenza di interessi ristretti. Secondo le stime del CDC (Center for Disease Control and Prevention, 2014), l’incidenza dell’ASD è di circa 1 bambino su 68. Tale incidenza pone l’ASD come malattia tutt'altro che rara e di grande rilevanza socio-sanitaria. Attualmente l’ASD è considerato come l’espressione di uno specifico processo patologico che, a partire da fattori poligenetici (sicuramente presenti, ma solo in piccola parte identificati), comporta uno sviluppo anormale della architettura cerebrale che è la responsabile della sindrome clinica comportamentale. Il fatto che l’ASD possa essere meglio compreso nella sua natura di disfunzione genetica e neurobiologica ha portato progressivamente a sviluppare metodi terapeutici più congruenti con la specificità dei deficit neurocognitivi e psicopatologici. In particolare la ricerca sul ruolo che l’esperienza svolge nell’espressione dei geni e nella costruzione dell’anatomia cerebrale sta ponendo le basi per trattamenti in grado di modificare le funzioni e le strutture cerebrali rispetto ad interventi che propongono semplici e forzose modificazioni comportamentali. L’intervento precoce è maggiormente efficace poiché si appoggia sulla plasticità cerebrale, connessa al ruolo che l’esperienza svolge nell’espressione genica e nella costruzione dell’anatomia cerebrale.
Attualmente gli interventi precoci per l’autismo sono collocabili lungo un continuum che vede ad una estremità gli interventi fondati sulla teoria comportamentale (behavioral approaches) e dall’altra quelli basati sullo sviluppo (developmental approaches). Secondo questa proposta tutti gli interventi possono essere collocati all’interno di un continuum che va da approcci comportamentali altamente strutturati e guidati da un terapista, ad approcci meno strutturati che seguono gli interessi del bambino basandosi su un programma teso a facilitare il suo progredire sulla scala dello sviluppo (Ospina et al., 2008). Kanner (1943, p. 1) aveva descritto i bambini con autismo come «bambini che vengono al mondo con un disturbo innato nel formare l’usuale contatto affettivo con le persone, proprio come altri bambini vengono al mondo con un handicap fisico o intellettivo». Questa intuizione di Kanner è oggi ampiamente confermata sia dagli studi clinici, che segnalano come indici precoci di rischio di ASD il difetto dell’attenzione condivisa e della reciprocità sociale (Mundy, Crowson, 1997), sia dagli studi di imaging (Kennedy et al., 2006) che segnalano disfunzioni a livello di un complesso network di aree cerebrali deputate alla regolazione sociale delle azioni umane. L’abbassamento dell’età del bambino al momento della diagnosi dai sei anni ai tre/quattro anni ha notevolmente migliorato la prognosi dell’ASD (Vismara, Rogers, 2010). La sfida attuale è quella di porre diagnosi di autismo prima dei trentasei mesi di vita in modo da poter intervenire in una fase dello sviluppo in cui il disturbo non si è ancora stabilizzato e quindi di modificare realmente la qualità della reciprocità sociale in questi bambini. Per questo motivo diverse linee guida sull’ASD pongono come primo obiettivo la diagnosi precoce segnalando che l’anticipazione della diagnosi può essere fatta solo a partire da una stretta collaborazione tra pediatra, che individua il rischio, e specialista che formula la diagnosi (Council on Children with Disabilities of the American Academy of Pediatrics, 2007).
È necessario a questo punto ribadire alcuni aspetti generali da tenere a mente nell’identificazione dei bambini a rischio di autismo. Innanzitutto bisogna sempre ricordarsi che non è la presenza di “un” comportamento anomalo o l’assenza di “una” competenza attesa a dover far decidere per una situazione di rischio: è piuttosto la loro frequenza e pervasività che vanno considerate. In particolare è la presenza dei comportamenti intersoggettivi in una varietà di contesti ad essere indice di un buon sviluppo del bambino: al contrario se un bambino mostra una determinata competenza solo in una determinata situazione (ad esempio sorride e guarda solo quando la mamma canta una determinata canzoncina) questo può essere un indice di rischio. In secondo luogo va sottolineato che, se da un lato è vero che una risposta negativa alle domande sullo sviluppo del bambino (ad esempio: «Il tuo bambino risponde al nome…?») rappresenta un fattore di rischio e di attenzione per il clinico, dall’altro una risposta che segnala la presenza di quella certa competenza intersoggettiva non significa assenza di rischio. Il bambino piccolo con ASD può, infatti, presentare competenze sociali: ciò che bisognerà osservare è la loro stabilità e varietà di modulazione. Infine, è utile raccomandare di non lasciarsi “ingannare” dalla qualità affettiva del rapporto madre-bambino. Anche se il bambino con autismo è assorbito nel suo mondo, egli può avere un attaccamento sicuro nei confronti del genitore e manifestare comportamenti tipici come la ricerca di vicinanza fisica in situazioni nuove o disagio al momento della separazione. La presenza di questi comportamenti non deve indurre a pensare che il bambino non ha l’ASD “perché mostra un buon attaccamento alla madre”. L’ASD è una malattia che va a colpire l’interesse e l’iniziativa sociale del bambino, il quale peraltro mostra di poter sviluppare buoni attaccamenti alle persone: ciò può apparire paradossale ma costituisce un punto di forza di questi bambini su cui potersi appoggiare nel trattamento precoce, la cui attivazione, ricordiamolo ancora una volta, è il vero obiettivo della diagnosi precoce.

Segni precoci e diagnosi: cosa guardare nello sviluppo del bambino?

In questo paragrafo sono riportati una serie di indici di sviluppo tipico (vedi tabella 1) che riguardano il bambino a partire dai nove mesi di età fino al raggiungimento del terzo anno di vita. Si tratta di indici che indagano aree di funzionamento (sociale e del linguaggio) il cui eventuale interessamento potrebbe essere un criterio maggiore per porre il sospetto di rischio di ASD ed inviare il bimbo ad uno specialista. Le preoccupazioni e i resoconti dei genitori riguardo lo sviluppo o la regressione del bambino devono essere accolti come indicatori altrettanto importanti quanto le anomalie nelle competenze intersoggettive esplorate attraverso tali indici (Muratori, Narzisi, Cioni, 2007).

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Tab. 1

Conclusioni

Per quanto il processo diagnostico in bambini di età inferiore ai 24 mesi possa essere complesso, è però necessario considerare che gli studi condotti nell’ultimo decennio forniscono dati confortanti circa la sua fattibilità. Fino a pochi anni fa le uniche informazioni che avevamo provenivano dalle ricostruzioni anamnestiche fatte dal clinico con i genitori. Oggi le cose sono notevolmente cambiate: molti sono i bambini che arrivano a consultazione prima dei tre anni di vita; abbiamo la possibilità di avere una fonte diretta di informazioni costituita dai filmati in cui i genitori hanno ripreso i primi anni del loro bambino (Baranek, 1999); abbiamo osservazioni su bambini identificati a rischio dall'applicazione di strumenti di screening (Robins et al., 2001) o perché fratelli di bambini già diagnosticati (Zwaigenbaum et a., 2005). Questo insieme di dati ha indubbiamente creato nuove conoscenze sui primi 24 mesi di vita del bambino con autismo e questo ricco insieme di informazioni porta a considerare l’osservazione diretta dei bambini come il muro portante di un edificio diagnostico solido e capace di accogliere le preoccupazioni dei genitori che spesso sono giustificate. All’interno di tale edificio l’utilizzo di strumenti di screening e di strumenti per la diagnosi standardizzati per l’individuazione precoce dell’autismo può accrescere il corpus di informazioni sul bambino e porre le basi per un approccio scientificamente valido di individuazione precoce dei segni di autismo già a partire dal primo anno di vita.

Bibliografia

  • Baranek, G.T. (1999). Autism during infancy: A retrospective video analysis of sensory-motor and social behaviours at 9-12 months of age. Journal of Autism Developmental Disorder,29(3), 213-24.
  • CDC (2014). Prevalence of autism spectrum disorders among children aged 8 year - Autism and Developmental Disabilities Monitoring Network, 11 sites, United States, 2010. MMWR Surveill Summ, 63, 1-21.
  • Council on Children with Disabilities of the American Academy of Pediatrics, (2007). Screening, evaluation and diagnosis. Pediatrics, 120, 1183-215.
  • Kanner, L. (1943). Autistic Disturbances of Affective Contact. Nervous Child, 2, 217-250.
  • Mundy, P., Crowson, M., (1997). Joint attention and early social communication: implication for research on intervention with autism. Journal of Autism Developmental Disorder, 27, 653-76.
  • Kennedy, D.P., Redcay, E., Courchesne, E. (2006). Failing to deactivate: resting functional abnormalities in autism. Proc Nat Acad Science, 103, 8275-8280.
  • Ospina, M.B., Seida, J.K., Clark, B., et al. (2008). Behavioural and developmental interventions for autism spectrum disorder: a clinical systematic review. PLoS One, 3, 37-55.
  • Robins, D.L., Fein, D., Barton, M.L., et al. (2001). The Modified Checklist for Autism in Toddlers: An initial study investigating the early detection of autism and pervasive developmental disorders. Journal of Autism Developmental Disorder, 31, 131-144.
  • Vismara, L.A., Rogers, S.J., (2010). Behavioral treatments in autism spectrum disorder: what do we know? Annu Rev Clin Psychol, 6, 447-468.
  • Zwaigenbaum, L., Bryson, S., Rogers, T., et al. (2005). Behavioral manifestations of autism in the first year of life. Int J Dev Neurosc, 23(2-3), 143-152.