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numero 39 - luglio 2016

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Soffrire per la morte del proprio animale

Soffrire per la morte del proprio animale

Soffrire per la morte di un animale domestico è il costo esistenziale per averli amati ed essere stati felici insieme.

Gli studi sulla morte e il morire mettono in evidenza come il rapporto uomo-animale sia profondamente conflittuale (Beatson e Halloran, 2007). Secondo i ricercatori della Terror Management Theory, il bisogno di censurare la morte e la nostra mortalità ci allontana da questi compagni di viaggio che divengono così per noi semplici oggetti funzionali alla costruzione del nostro benessere (Beatson, Laughnan e Halloran, 2009). Nonostante ciò, gli esseri umani manifestano nei confronti dei loro animali domestici un comportamento diverso, tanto da richiamare una certa forma di umanizzazione, con comportamenti sia di attaccamento sia di accudimento (Kurdek, 2008). In Italia ci sono circa 60.000 animali domestici da casa (fonte: Euromonitor, giugno 2014). Questi ricoprono un ruolo importante all’interno delle famiglie italiane e, come si rileva anche nella letteratura scientifica internazionale (Cain, 1983)  sono spesso considerati a tutti gli effetti come veri e propri membri della famiglia (Rapporto Assalco – Zoomark 2015).

Agli occhi di chi non ami gli animali e li rifugga o semplicemente non abbia un animale domestico, coloro che stabiliscono dei legami molto stretti con i loro pet vengono considerati come persone problematiche. Si tratta di uno stereotipo, appunto, legato all’effetto di distanziamento che gli esseri umani sviluppano nei confronti del mondo animale per dimenticare la propria “creaturalità”, dunque la propria condizione mortale. Da ciò nasce lo stereotipo abbastanza comune secondo cui la relazione con i nostri animali domestici altro non sia che un modo per compensare mancanze affettive, emotive e relazionali nella nostra vita. 

In realtà la letteratura evidenzia che, benché non tutte le persone si relazionano con i loro animali nello stesso modo, sentirsi molto legati ai propri animali da compagnia è un fenomeno molto frequente, e che le relazioni con i pet non sono un surrogato delle relazioni con altri esseri umani (Hines, 2003). I pet assumono un ruolo nel funzionamento familiare (Walsh, 2009) e contribuiscono al nostro benessere psico-fisico, offrendoci amore, lealtà, e accettazione non-giudicante e incondizionata (Cohen, 2002; McNicholas et al., 2005; Walsh, 2009).

La recente letteratura sulla morte degli animali da compagnia evidenzia che i professionisti della salute mentale e i veterinari dovrebbero prendere in seria considerazione le reazioni e i processi di lutto che i proprietari sperimentano quando muore il loro animale domestico (Sharkin e Knox, 2003). Quando il legame è forte, reazioni e processo di elaborazione del lutto sono simili a quelli conseguenti alla perdita di un membro della famiglia o di una persona cara (Archer & Winchester, 1994; Field et al., 2009). 

E in questo caso sembra esserci un certo consenso nel considerare l’esperienza del lutto per il proprio animale da compagnia qualitativamente simile, anche se meno intensa e duratura, rispetto all’esperienza del lutto in conseguenza alla morte di una persona cara (Archer and Winchester 1994; Gerwolls e Labott 1994).
Ciononostante, il lutto per la perdita di un animale domestico è un esempio di quello che Kenneth Doka definisce disenfranchised grief, ossia una forma di lutto non socialmente riconosciuto. Nonostante la persona sperimenti un lutto a tutti gli effetti, non le viene socialmente riconosciuto il diritto di soffrire. Questo, non solo intensifica reazioni emotive quali rabbia e colpa, ma preclude anche la possibilità di ottenere sostegno sociale (Doka, 2008). 

 

Il ruolo di counselor in ambito veterinario

Con l’evolversi del campo inerente il pet-loss counseling, psicologi e counselor sono diventati (non nella realtà italiana) una valida figura di collegamento tra veterinari e proprietari.
Vista l’importanza che gli animali domestici ricoprono nella vita di molte persone e data la difficoltà a trovare supporto e sostegno in uno dei momenti più delicati della relazione, riteniamo importante che anche in Italia debbano essere presenti sul territorio psicologi e counselor specializzati sulla perdita degli animali domestici. I pet hanno una aspettativa di vita inferiore alla nostra e se consideriamo anche il fatto che, frequentemente le persone adottano più animali nell’arco della vita, possiamo aspettarci che i proprietari saranno maggiormente e ripetutamente esposti a situazioni critiche quali malattia, invecchiamento e morte.
Sostenere il proprio animale durante una malattia, accompagnarlo nelle ultime fasi della sua vita, prendere decisioni rispetto ad una eventuale eutanasia e affrontarne la morte, possono essere esperienze dolorose ed emotivamente impegnative, che possono avere un impatto significativo sulla persona e sull’intero nucleo familiare.
Ne consegue che l’assistenza e il sostegno di psicologi e counselor formati sulla relazione uomo-animale e sulle specificità del lutto conseguente alla morte dei nostri pet può essere un’importante risorsa in tutte le fasi, dall’anticipazione del lutto alla successiva elaborazione.
Se molto è stato scritto in letteratura per aiutare i proprietari a elaborare il lutto, poca attenzione è stata invece dedicata a come aiutare il proprietario a prepararsi emotivamente alla morte del proprio animale domestico e alla procedura dell’eutanasia (Lagoni, 2011). L’esperienza clinica evidenzia che l’eutanasia può complicare ed esacerbare le reazioni al lutto. La ricerca recente e l’esperienza clinica evidenziano che avere un periodo di tempo per pianificare e prepararsi alla perdita può mitigare, dopo la morte del pet, i rimpianti e i pensieri “if only” (“se solo lo avessi fatto visitare prima”, ecc.) che possono attanagliare il proprietario se non si è preso il tempo di decidere consapevolmente (Kellehear e Fook, 1997). Pianificare e preparare il processo dell’eutanasia, quando è possibile, può diminuire successive reazioni di sofferenza (Ball, 1977) e l’anticipazione del lutto può mitigare il dolore dopo la morte (Ball, 1997; Parkes, 1975).
Come argomentato da Lagoni (2011), prendere decisioni informate e consapevoli in queste fasi così delicate può essere, quindi, di grande importanza.
In questo scenario si può inserire la figura del pet loss counselor lavorando non solo con i proprietari in lutto, ma affiancando anche i veterinari nella loro pratica quotidiana nel sostenere i proprietari ad affrontare decisioni relative al fine vita dei loro animali domestici e ad affrontare tutte le questioni inerenti alla preparazione dell’eutanasia, quale la scelta del momento, l’essere o non essere presente, il dove effettuarla, come disporre del corpo.
In conclusione, la figura di psicologi e counselor specializzati sia nell’ambito della relazione uomo-animale sia nel lutto, possono essere di grande aiuto nelle strutture veterinarie nell’affiancare il medico veterinario e nel sostenere i proprietari nel percorso di accompagnamento alla morte e nel processo di elaborazione del lutto.

Bibliografia

  • Archer, J., & Winchester, G. (1994). Bereavement following death of a pet. The British Journal of Psychology, 85, 259-271.
  • Ball, J.F. (1977). Widows grief: The impact of age and mode of death. Omega, 7, 307–333.
  • Beatson, R. M., & Halloran, M. J. (2007). Humans rule! The effects of creatureliness reminders, mortality salience and self-esteem on attitudes towards animals. British Journal of Social Psychology, 46, 619-632.
  • Beatson, R., Laughnan, S., & Halloran, M. (2009). Attitudes toward animals: The effect of priming thoughts of human-animal similarities and mortality salience on the evaluation of companion animals. Society & Animals, 17, 72-89.
  • Cain, A.O. (1983). A study of pets in the family system. In A.H. Katcher & A.M. Beck (a cura di), New perspectives on our lives with companion animals (pp. 351–359). Philadelphia: University of Pennsylvania Press
  • Cohen, S. P. (2002). Can pets function as family members? Western Journal of Nursing Research, 24, 621.
  • Doka, K.J. (2008). Disenfranchised grief in historical and cultural perspective. In M. S. Stroebe, R. O. Hansson, H. Schut, & W. Stroebe (a cura di), Handbook of bereavement research and practice: Advances in theory and intervention (pp. 223-240). Washington, DC: American Psychological Association.
  • Field, N.P., Orsini, L., Gavish, R., & Packman, W. (2009). Role of attachment in response to pet loss. Death Studies, 33(4), 332-355.
  • Gerwolls, M.K., & Labott, S.M. (1994). Adjustments to the death of a companion animal. Anthrozoös, VII(3), 172-187.
  • Hines, L. (2003). Historical perspectives on the human-animal bond. American Behavioral Scientist, 47, 7–15.
  • Kellehear, A., & Fook, J. (1997). Lassie come home: A study of “lost pet” notices. Omega, 34, 191–202.
  • Kurdek, L. (2008). Pet dogs as attachment figures. Journal of Social and Personal Relationships, 25, 247-266
  • Lagoni, L. (2011). Family-present euthanasia: protocols for planning and preparing clients for the death of a pet. In Blazina, C., Boyraz G., & Shenn-Miller D. (a cura di), The Psychology of the Human-Animal Bond: A Resource for Clinicians and Researchers. New York, Springer.
  • McNicholas, J., Gilbey, A., Rennie, A., Ahmedzai, S., Dono, J.A., & Ormerod, E. (2005). Pet ownership and human health: A brief review of evidence and issues. British Medical Journal, 331, 1252–1254.
  • Parkes, C.M. (1975). Unexpected and untimely bereavement: A statistical study of young Boston widows and widowers. In B. Schoenberg, I. Gerber, A. Wiener, D. Kutscher, D. Peretz, & A. Cam (a cura di), Bereavement and it’s psychological aspects. New York: Columbia University Press.
  • Sharkin, B., & Knox, D. 2003. Pet loss: Issues and implications for the psychologist. Professional Psychology: Research and Practice, 34(4): 414–421.
  • Walsh, F. (2009). Human-animal bonds I: The relational significance of companion animals. Family Process, 48, 462–480.