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numero 43 - dicembre 2016

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Linee di tendenza su lavoro e funzione HR dall’osservatorio dell’European Director Summit

Linee di tendenza su lavoro e funzione HR dall’osservatorio dell’European Director Summit

Il 23 e 24 novembre 2016 si è tenuto il consueto appuntamento HR Director Summit organizzato da Business International che raccoglie circa 250 direttori HR e manager HR provenienti dalle più importanti realtà aziendali italiane.

Il titolo prometteva un confronto di sicuro interesse: “The HR agenda: Future of work, globalization and technology”, e tutti gli speaker intervenuti hanno messo a fattor comune le osservazioni e le riflessioni provenienti dalla loro esperienza diretta di HR manager.

Raccogliendo i differenti interventi e provando a sintetizzarne i concetti fondamentali mi sembra che si delinei per la funzione HR la necessità di confrontarsi nel giro dei prossimi 10-15 anni con un orizzonte in cui il lavoro così come lo conosciamo sarà profondamente ridefinito e così le organizzazioni. In questo senso Domenico Bodega, professore di Economia all’Università Cattolica, ha delineato dei macrotrend che vedono in ambito produttivo una dematerializzazione dei processi e una differenziazione dei luoghi di produzione che richiedono sin da ora una riqualificazione della forza lavoro per diminuire il rischio di disoccupazione o di disimpegno, causati dal fatto che la tecnologia sostituisca il lavoro dell’uomo, e la necessità, a questo correlata, di ripensare a ruoli nuovi in grado di utilizzare e di evolvere con la tecnologia.

Il futuro del lavoro sarà presumibilmente come lo descrivono gli esperti, un lavoro diverso in uno scenario diverso, in organizzazioni diverse, che funzionano secondo regole diverse rispetto a quelle attuali.

Lo scenario diverso è ascrivibile all’impatto che la digital trasformation sta avendo sul nostro quotidiano e in ambito produttivo. La Siemens ha già implementato e realizzato alcune fabbriche 4.0, in cui la maggior parte dei processi viene gestita tramite tecnologie sofisticate e prevalentemente virtuali. E le persone che sono e saranno impiegate pur avendo ruoli operativi o da professional sono risorse che avranno bisogno di conoscenze tecnologiche molto elevate, in grado di gestire una complessità di informazioni molto più elevata di quella odierna e in grado di ragionare in astratto… ll lavoro produttivo, ossia fatto con le “mani”, è destinato ad essere sostituito da attività brain-intensive e che richiederanno un più elevato tasso di scolarizzazione e specializzazione.

Un lavoro diverso, fatto di progetti e discontinuità professionali che richiederanno alle persone un maggior grado di imprenditorialità e autopromozione. Un lavoro diverso in organizzazioni diverse in cui non sarà più possibile reperire modelli fissi di organizzazioni su variabili determinate. Le organizzazioni avranno modelli ibridati e che si struttureranno e destruttureranno con cicli di 3-5 anni,  e i modelli saranno adattivi e con persone saranno orientate al cambiamento e con archi di collaborazione professionale di 2-3 anni.

E poi, ancora, abbiamo il concetto di un’organizzazione che cambia e si evolve rapidamente e che vive come oggi vivono le start up, immerse in un processo osmotico continuo di innovazione e cambiamento tra il dentro e il fuori della azienda. Un lavoro che funziona secondo regole diverse, in cui a fronte della possibilità di alta accessibilità alle informazioni anche la struttura gerarchica classicamente intesa sarà da rivisitare con modelli di coordinamento più simili alla gestione per progetti con responsabili coordinatori che in un progetto saranno coordinatori e in una altro semplici membri del team. Un lavoro in cui si valuterà il raggiungimento degli obiettivi più che la presenza fisica e fissa in un dato posto di lavoro. Anche qui l’organizzazione degli spazi cambierà e le modalità di smart-working prenderanno sempre più piede.

Se lo scenario di cambiamento del lavoro è disruptive che posto occupa la funzione HR? Questa dovrà, come sostiene Andrea Del Chicca, Direttore Risorse Umane Ansaldo Energia, nel suo intervento, “essere in prima linea in queste esperienze disruptive e cioè aiutare le persone ad abbracciare il futuro”. Cosa significa questo a livello concreto? Significa aiutare e stimolare le persone ad un apprendimento continuo, indipendentemente dal ruolo professionale; ad essere curiose, proattive, dotate di metodo e ad assumersi insieme all’azienda la responsabilità della loro employability sul mercato.

Ancora, la funzione HR come nell’esperienza di Mattel portata da Annalisa Sala, Direttore Risorse Umane Sud Europa, ha la responsabilità di declinare e tradurre in pratica concetti che per ora si leggono solo sui libri, come rendere operativa la liquidità organizzativa. Della sua esperienza ci raccontava che in Mattel non esiste più l’headquarter, che le funzioni sono distribuite nei diversi Paesi e che i differenti team si riuniscono in virtual meeting per parlare di marketing o di finance. In Mattel hanno rivisto il ruolo di capo gerarchico e con essi i modelli di leadership: è differente avere una modalità di gestione basata sulla presenza e il controllo e una modalità a distanza che richiede ben altre soft skill da parti di entrambi. Le persone negli open space messi a disposizione dall’azienda lavorano in spazi condivisi e riservabili ma non in posti fissi. Parafrasando il film di Checco Zalone, aldilà del posto fisso andiamo verso un lavoro in cui non avremo una scrivania e una stanza fissa. E in cui il lavoro viene là dove siamo come collaboratori della nostra azienda.

Da consulente e psicologa mi chiedo quanto tutto questo impatterà sull’identità delle persone e come queste accelerazioni siano da gestire utilizzando le tecniche del buon change management, facendo i conti anche con l’impatto emotivo che la necessità di apprendere continuamente e di ridefinirsi in tempi rapidi provoca in termini di impegno professionale e di equilibrio di vita. In questo senso mi auguro che davvero come riferisce il direttore HR di Mattel ci sia in un contesto cosi fluido e inesplorato che le organizzazioni abbiano lo spazio per provare e sperimentare senza pressione, e che l’azienda come un banco di pesci abbia un’intelligenza sociale collettiva che consenta di muoversi veloci e proteggersi.

Tutto questo è fantascienza? L’appuntamento è per il 2030: allora vedremo come sono andate veramente le cose. Non mancate!!!